Essere stranieri, cioè senza pretese!
Il Vangelo di Luca oggi situa la scena nella Sinagoga in cui Gesù era abituato ad andare fin da piccolo. Insomma era la sua parrocchia d’origine. Ma lo fa per dirci che il pregiudizio è proprio una brutta bestia. Vi ricordate che ne abbiamo parlato anche l’altro ieri? Gesù ora è però ancora più esplicito: uno dei due fratelli – quello considerato sbagliato, il prodigo, per intenderci – è qui impersonificato da una vedova e da un condottiero, entrambi stranieri.
La vedova, l’ultima dei reietti, e il condottiero, il più ascoltato dal proprio sovrano, ci parlano di una condizione di estraneità alla vita del Dio vero che non guarda in faccia allo status sociale. La vedova di sarepta e Naaman il Siro vengono scelti quasi per dire che tutti – dal primo all’ultimo – possono essere aiutati da Dio. Ad una sola condizione: il riconoscersi stranieri. E cosa significa questo per noi oggi? Che se vogliamo avere speranza di uscire dal male in cui ci troviamo – qualsiasi esso sia – dobbiamo fare ciò che farebbe un estraneo quando entra in casa nostra: essere gentile, agire con umiltà, non avanzare pretese.
Come abbiamo sentito ieri, infatti, quando noi pretendiamo qualcosa, Dio si arrabbia e molto. E quando lui si arrabbia: guai a noi. Ma questa è una storia diversa: noi non dobbiamo avanzare pretese, che siamo ricchi o poveri, intelligenti o meno, l’unica cosa da fare è vivere in questo mondo come stranieri, vivendo l’umiltà e trattando Gesù con il dovuto rispetto.
AUTORE: don Marco ScandelliSITO WEB CANALE YOUTUBE