Il male della Madonna
Il suo fu un male cane: il malecane della Madonna, il più grande malecane mai patito da una creatura. Mai più patito da una creatura. Lei, per tutti, non era più la Maria che tutti conoscevano: dopo il Figlio, le avevano strappato di dosso anche il nome. Era diventata “la madre di”: del sobillatore per alcuni, del salvatore per altri, del colpevole, dell’innocente.
“E pensare quanti, quando era in vita, hanno bussato alla sua porta per chiedere qualcosa” riflette tra sé Maria, appena fuori dal sepolcro (senza dare nell’occhio), in attesa. In attesa un po’ di tutto: del ritorno – “Ritornerà!” -, della rivincita, di un suo abbraccio, dell’inno di vittoria sulla morte. Hanno sbeffeggiato il Figliolo a colpi di sputi, schiaffi e sberle ma a patire il dolore più grande è stata Lei: battevano il Figlio, pativa la Madre.
Che, impotente, dovette assistere da bordo strada a quella mattanza insulsa scaricata sul corpo inerme del suo piccolo Gesù. “La sua colpa? – rispondeva a chi, nell’immaginario, chiedeva lumi sul perchè di quella furia assassina -: l’avere strappato, quando era in vita, la maschera della falsa bontà dal volto delle cosiddette brave persone”. Come darle torto? Ad uccidere il Cristo furono proprio le brave persone, quelle per cui la religione andava bene se stava al suo posto, finchè il suo posto non era tra loro. Soprattutto, finchè la religione non chiedeva che si cambiassero i cuori. Quando Lui andò a toccare i cuori, s’accese il patatrac più feroce della storia: andò a toccare i fili ad alta tensione della morte.
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All’indomani dei fatti accaduti sul Calvario, il sabato diventò la sua giornata e la sua specialità. Il bacio di Giuda le fu assai indigesto, la fuga degli amici molto di di più, provò la pelle d’oca per l’irriconoscenza dei vicini. “Passa tutto, Maria!”– si ripeteva in quei giorni smunti dal troppo dolore. Di sabato, però, dovette fare i conti con l’aggressività del male.
Lei, cresciuta alla scuola del suo Figlio, sapeva benissimo che subire una persecuzione, un’ingiustizia, è senz’altro una prova. Non è niente, comunque, in confronto a quell’altra prova: essere vincitori ed essere tentati di esercitare la persecuzione. Il male, di sabato, esercitò la sua persecuzione, pagando da bere a tutti: “Abbiamo vinto noi! Ed è stata una vittoria schiacciante” andavano a dire in giro. Infierivano, cercavano lo scontro, tentarono in tutti i modi di archiviare il prima possibile la questione di Cristo.
Maria resistette immobile, non reagì affatto, si fermò giusto un passo prima dell’umana disperazione: “Quant’è ignorante quella gran bestia di Satana! – andava dicendo, nel pensiero, al suo Figliolo con il quale mai aveva cessato di parlare -: non sa, il Demonio, che tu Gesù, gli stai concedendo un trionfo provvisorio”. Un trionfo, apparente, che permetta a chi è cieco nel cuore d’illudersi di avere vinto, per poi morire schiacciato: si chiama “l’ora del male”.
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Il male ha le sue ore, Cristo le sue stagioni. Fu per questo che Lei non cedette: “Se ti fermi dopo avere scavato sotto terra per settantatrè metri in cerca dell’acqua e l’acqua è a settantaquattro metri, hai scavato per niente” pensava. Per esser giunta dov’era giunta quel giorno, tanto valeva reggere il peso di quei tre giorni di buio dei quali parlava il suo Figliolo.
Nell’attesa – “Risorgerà, me l’ha promesso: non mi avrebbe mai promesso cose che sapeva di non poter poi mantenere” si conforta Maria – pensò sovente a Giuda. Soprattutto Giuda fu il suo cruccio nella giornata del sabato, appena dopo il cruccio per il Figlio. Il male lo aveva illuso e poi scaricato Giuda: il rinculo fu doppiamente mortale in quell’anima.
Ferma in attesa, più di una volta le sembrò di avvertire il rantolo del suo Giuda, lo scricchiolìo del ramo al quale si era appeso, il mormorìo dei suoi clienti: “Giuda, figliolo! Eppure: bastava sentirsi peccatore, ritornare. Era fatta! Invece tu ti pensasti cretino: la disperazione fu il tuo cappio”. Nessuno pensava più a Giuda, eccetto Lei.
Era mamma: “Bisogna essere mamma per capire certe cose!” Per comprendere come per una mamma il ritorno del figliolo più scapestrato vale più della buona creanza dell’intera tribù familiare. Di sabato, fu Giuda il male della Madonna: “Pensare come l’aveva indirizzato, il mio Figlio, a farsi la sua carriera. A diventare san Giuda”.
Chi la incrociò di sabato pensava che la Madonna stesse delirando: il fatto era che bisognava essere (Sua) mamma per capire certe cose. Per resistere sotto quella grandinata di male.
Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte