Previsioni del tempo sul Tabor
La verità dei fatti l’ha dipinta Mauriac: «Quelli che lo hanno seguito fin dagli inizi della sua vita pubblica non hanno creduto né alla sua predicazione né ai suoi miracoli, e non hanno al contempo riconosciuto alcunché di divino nei tratti del suo viso» (Il Figlio dell’Uomo). Troppo uomo, ai loro occhi, perché fosse davvero il Dio che diceva di essere: troppo immense le sue promesse perché il sospetto che fossero soltanto abbagli non morsicasse loro il cuore, già fiacco di suo.
Cosa dicesse di strano da apparire fuorviante non è dato sapere: “Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno mai”. Detto e fatto: le sue parole, oggi, sono ancora nell’aria, non sono ancora passate di moda. Oppure il sospetto è ancora quello d’allora, nonostante venti secoli di martirio testimonino l’affidabilità di quelle previsioni.
Anche se quelli ch’eran stati chiamati per amarsi gli uni gli altri, nel frattempo, hanno finito per scannarsi gli uni e gli altri. Gli uni contro gli altri. Resta il mistero della fede: a Lui basterà sempre un solo istante per capovolgere tutto quello che una vita oppone alla Grazia per intere annate.
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Ai piedi del Tabor – siamo a pochi chilometri dalla sua natìa Nazareth – un certo malessere s’era diffuso da giorni. Complice le carte sparigliate da parte di Lucifero: “Se fosse tutta fuffa, ragazzi? Attenzione: la fregatura è sempre dietro l’angolo!” Nessuna prova esibita da parte sua: il semplice sospetto che, da solo, è in grado di offuscare anche l’evidenza più evidente. Erano giorni, quelli, in cui gli amici del Cristo vedevano tutto sfuocato: nei loro pensieri aleggiava un non so che di timore, apprensione, un leggerissimo affanno, tracce d’inquietudine, la pena di sentirsi delle anime in pena.
“Che ne sarà della nostra vita, Giacomino? Dici che stiamo facendo la cosa giusta a dare retta a quest’Uomo?” avrà chiesto il fratello Giovanni. Che, con Pietro, la sera capitava spesso che discutessero su che tempo facesse l’indomani. Erano giorni che vedevano tutto sfuocato, appannato, come quando, d’estate, la tv manda in onda in bassa definizione programmi di una stagione passata. Cristo, comunque, aveva calcolato anche questa evenienza: “Le previsioni del tempo sono estremamente difficili, soprattutto quelle sul futuro prossimo” ripeteva tra sé, invece che adirarsi per la fatica di credere degli amici.
Fece così, fece di testa sua: «Prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte». Poi, quando furono giunti in cima, «fu trasfigurato davanti a loro». Praticamente, detto in parole sporche, diede a quei tre (su dodici) la possibilità di vedere in alta definizione quello che in terra vedevano soltanto in bassa, tutto sgranato. L’effetto prodotto fu quello di uno shock: «I discepoli caddero con la faccia a terra».
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Non riuscirono a reggere tutta quella luce che era apparsa improvvisa davanti ai loro occhi. Una specie di timore li agguantò. Più che timore fu il tramortimento di chi non seppe come arginare quell’ondata di pace che tolse loro il respiro. Facendoli sognare con gli occhi aperti: «Se vuoi, farò qui tre capanne» tentò il colpo gobbo Pietro. Nei tre c’era una voglia matta di stare lassù “vita natural durante”: mai, prima di allora, avevano avuto così chiara la sensazione di cosa significasse vivere per sempre con Dio, in Dio, per Dio. Stavolta, toccatala, era d’una bellezza accecante.
Non fu loro possibile: «Alzatevi, non temete» disse loro l’Amico. Disse loro di non essere egoisti, tenendosi tutto per loro quello spettacolo: le grazie di Dio non sono mai ad uso singolo, ma sempre a favore della collettività. Sono grazie e non meriti: «Non parlate di nessuno di questa visione – fu il prezzo da pagare per lo spettacolo visto in prima fila -, prima che il Figlio dell’Uomo non sia risorto dai morti» (cfr Mt 17,1-9). Dovettero tacere, quando avrebbero voluto urlarlo ai quattro venti.
È sempre così con Cristo: a qualcuno anticipa il finale perché poi aiuti tutti a non mollare. Quando il vento è contrario. E, magari, manca anche l’olio nel motore.
Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte