Il primo passo non si scorda mai
Il fatto è che il primo passo non si scorda mai. Nelle storie d’amore, poi, il primo passo richiede tanto coraggio quanto l’ultimo: quello definitivo ai fini di quella storia.
Una storia ch’è piena zeppa di storie che sono ancora, mano nella mano, a giocare a ping-pong con una domanda: “Ti va se non continuiamo a fare il primo passo? Che dici?” E stanno morendo aspettando reciprocamente il primo passo da fare.
L’aveva fiutata, Cristo, la faccenda: “Qui, se non sono io a fare il primo passo, col cavolo che la storia alza il ritmo!” La scusa, poi, era di quelle da supermercato, alla portata di tutti: “Troppo distante, troppo indaffarato uno come Dio per poter anche solo pensare di disturbarlo!” Per questo, per non stare ad aspettare tutta la vita, prese in mano la situazione e fece lui il primo dei passi impensabili: “Che ne dite? E se ci mettessimo in cooperativa insieme per far aumentare il fatturato della salvezza?”
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Quando il fuoco è pronto, basterà una scintilla per far scoppiare un incendio: fu tutto un “andargli dietro, lasciare tutto, tentare l’avventura, rischiar l’osso del collo”. Facendo Lui, Cristo, il primo passo insegnò al mondo che certe volte toccherà fare il primo passo per scoprire che una distanza non è mai esistita.
Scrisse il grande Muhammad Alì: «Anche il più grande è stato un principiante. Non aver paura di fare il primo passo». Alla fine della fiera, quando decise di partire – “E che vada come deve andare, a questo punto!” – Cristo pensò che son troppo viscidi quelli che stanno ad aspettare che sia tu a fare il primo passo. Che se qualcosa va storto, potranno dire ch’è stata colpa tua. Troppo comodo vivere così, a rimorchio, succhiando le ruote davanti.
Lo dirà agli amici prima di tutto. I (pre)scelti che spesso dimenticheranno di essere stati scelti: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi: vi ho costituiti perchè andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga». Come dire, al pari dei bambini: “Non vale: sono arrivato prima io!”
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E, giustamente, vince chi arriva per primo. Che non si montino la testa pensando che ad azzeccare la roulette della salvezza siano stati loro: fosse dipeso da loro – fa capire, en passant, Cristo – non si sarebbero mai smossi da quell’ufficio di barche e di pesci di Tiberiade. I loro figli, oggi, sarebbero ancora lì a mandar avanti la carretta: togliendo lische, riassettando le reti, spingendo la nave in acqua.
E’ stato Lui che, accorgendosi di loro, arrivò per primo all’incrocio dello sguardo: quando si voltarono, sentendo pronunciare il loro nome, si accorsero che l’Uomo dalla spiaggia già da tempo li stava osservando. “Sono stato io ad amarti per primo” dirà Gesù al quel soldato di nome Ignazio (di Loyola) che, affascinato dalla luce, decise di andargli dietro.
Ci sono giorni in cui il vento è a favore: sono giorni nei quali ci si dimentica più spesso d’essere arrivati dopo in amore. D’essere stati amati per primi. In giorni così, senz’astio, Cristo ripete: “Non ti scordare che io ho scelto te, non tu io!”
Altri giorni, invece, sarà comodo dire d’essere stati scelti, come a campare scuse per discolpare un passo falso. In quei giorni, a chi rinfaccia di professione il fallo, Cristo ci metterà ancora la faccia: “Prendetevela con me, non con loro.
Li ho scelti io loro, non sono stati loro ad autocandidarsi” Cristo, ai cuori, piace assai perchè non ha paura di fare il primo passo, pensando alle conseguenze. Il fatto che ci potrebbe rinfacciare, ovviamente col suo garbo e la sua eleganza, è di chiederci se abbiamo mai visto qualcuno essere felice trattenendosi dal fare ciò che il cuore gli comanda di fare.
Che poi, a voler essere sinceri, non è fare il primo passo la cosa difficile: è il secondo passo quello più ardimentoso. Vincere è facile, è confermarsi ch’è difficile. E il secondo passo, certe volte, corrisponde anche all’ultimo. In croce Cristo fece anche il secondo: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Rimane, a tutt’oggi, il suo manuale d’amore: chi fa il primo passo avrà sempre (anche) l’ultima parola.
Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte