Il frutto della Passione
Nessuno si suicida perchè vuol morire. Perchè uno, allora, provi un giorno il suicidio, me l’ha spiegato uno che è sopravvissuto a questo gesto: “L’ho tentato per fermare il dolore”, m’ha detto nel silenzio claustrale della sua cella di galera. Il fatto è, come scriveva William Shakespeare, che «tutti gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore che non provano». Tutti, eccetto quell’uomo che dal dolore prese il suo soprannome più bello: l’Uomo dei dolori, «che ben conosce il patire» (Is 53,3). Quand’era in vita, Lui ch’è la Vita, ragionò strano, confidandosi forse con la Madre nei trent’anni di apprendistato: “Non abbiamo nessun diritto, Mamma, quando arriva il dolore, di chiederci: Perchè a me?” A meno che non ci poniamo la stessa domanda ogni qual volta proviamo un briciolo di felicità”. Per questo, forse, l’ultimo suo gesto fu quello d’annotare il romanzo della Passione, libro di cicatrici senza l'(ab)uso della parole: «Passione di Nostro Signore Gesù Cristo secondo l’evangelista Matteo». Si sporcò di vita, di passione, d’amore.
Chi, poi, trascrisse la sua Passione fu perchè, senza quella passione, tutte le altre avrebbero potuto correre il rischio d’apparire così insulse da farle finire prima con un gesto di suicidio. “Figliolo mio, non scordare mai che il soffrire è il prezzo dell’amore”, deve avergli confidato, all’incirca, Maria a mò di baratto per quella fatta a lei. L’uomo, infatti, assomiglia a quei paesi che è bello fotografare attraverso il buco di una serratura, un’apertura del muro, un qualcosa di piccolo che ne incornici l’immensità: lo conosci solamente se lo scruti attraverso il buco delle sue passioni. E’ appassionandosi che si vive, si vibra: «Una passione che dura tutta la vita è un privilegio, indipendentemente dal prezzo che ci chiede» (A. Christie). «Patì sotto Ponzio Pilato» diciamo, il più delle volte in automatico, quando professiamo il Credo. “Patire” è un verbo appuntato coi chiodi, sporcato di sangue, inzuppato di sputi:dolore muto, cieco, rabbioso. E’ il Dio-Crocifisso: «Emesso un alto grido, spirò» (Mt 27,50). Anche il Dio-Risorto: «Non è qui.
E’ risorto» (Mt 28,6). Pure la Risurrezione è passione, seppure rovescia: bellezza, splendore, incanto. E’ la Grande Passione, quella di Cristo: non esiste bellezza senza disperazione, presenza senza mancanza, vicinanza senza lontananza. Il Calvario è la Passione più rumorosa, la parete più ardita di tutta la scalata: per questo, ai piedi del Calvario, di giovedì attrezzerà i piedi dei suoi amici. L’acqua, al posto dei ramponi, perchè non scivolino sulla roccia dove i più dicono che è la roccia dell’ateismo: “Dio, morto, non è affatto Dio”, è la grande balla di Satàn.
Si appassionò dei piedi perchè il piede è il punto più in basso dell’uomo, il punto dov’è più facile slittare. Il luogo in cui Dio, per troppa umiliazione, sembra non essere Dio: «Vi ho dato infatti l’esempio, perchè come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 13,15).
Il generale cinese Sun Tzu, cinquecento anni prima, ne fiutò il segreto: «Il leader comanda con l’esempio, non con la forza» scrisse. Un giorno i suoi preti, «alter Christus», nel tentativo d’emulazione confonderanno la passione con la spiegazione: “Perchè questo virus, padre?” chiederà la gente. I preti – anche a Giuda gli venne impartita l’ordinazione sacerdotale, don Giuda – tenteranno d’arrampicarsi sugli specchi: “Abbiamo stancato Dio, figlioli miei: per farci ritrovare la via ci ha fatto perdere la via, facendosi andare fuori strada”. Un incidente colposo e premeditato è l’ultima accusa a Dio, firmata dagli amici. La riposta, bastava aver un attimo d’umiltà e andarsela a rileggere, l’aveva fornita in anticipo Lui stesso: «Alzatevi, andiamo; ecco colui che mi tradisce si avvicina» (Mt 26,46).
All’atroce sofferenza, non diede alcuna spiegazione: si alzò, gli andò incontro, l’attraversò da cima a fondo, senza tentare alcuna via di fuga. Rimase, quella sua, la più affidabile manutenzione dell’uomo: nell’emergenza della morte si sedette accanto, pianse assieme, l’attraversò tutta mano-nella-mano. Era ciò che il popolo chiedeva: qualsiasi altra spiegazione sarebbe parsa una bestemmia.
Commento a cura di don Marco Pozza
(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)
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