Non si sono improvvisati discepoli: è stato lo sguardo di Dio ad intravedere in quell’ammasso di pietre scheggiate la fisionomia di una cattedrale. Cosicché, qualora lo volessero, non potranno mai dire al mondo: “Mi sono fatto da me!”: la grazia di Dio, quella volta, ha creato un capolavoro del quale manco loro sanno com’è accaduto. D’allora rimarranno ancora uomini, ma non più uomini come gli altri: dopo aver seguito Dio, dovranno prestargli la voce, reinventandosi postini: “Andate”. A fare che? “A consegnare al mondo lettere che non avete scritto, promesse che non sapreste mantenere da soli, annunci dei quali voi medesimi faticate a comprenderne la fattibilità”.
Il mondo è tutto da abitare: pieno di lupi, d’insidie, di pericoli e tranelli. Cristoddìo, agli amici, non lo tiene nascosto, anzi: “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Il che, a pensarci, è d’una onestà invidiabile: “Non v’illudo dicendo che non troverete lupi per la strada – sembra bisbigliare loro il Rabbì –, ma vi assicuro che nessun lupo potrà divorarvi. Di più: vi annuncio che i lupi, al vostro passaggio, potrebbero anche scegliervi come pastori”. Il che, dopo avere visto anche solo un agnello, è follia solo a pensarci.
La direzione è tracciata, quasi a diventare il numero civico dell’abitazione degli amici di Gesù: “In mezzo ai lupi”. Non di fianco, appresso, molto vicino, in prossimità, ad un tiro di schioppo: giusto in mezzo, gettàti nella mischia, pronti a uscire dall’assalto di un branco di lupi guidando il branco stesso, pur sapendo di essere degli agnelli. Provare spavento: perché? Fosse loro la missione, l’idea e l’invito ci sarebbe da sentire la pelle farsi d’oca al solo pensiero d’andare dritti a sbattere la testa contro il lupo.
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La missione, però, non è loro: colui che li manda, dunque, anche li rafforza, li attrezza, li mantiene accerchiati con il suo sguardo. Sarà facile riconoscerli per la strada, visto che non indossano nulla: “Né borsa, né sacca, né sandali”. Non hanno niente perché hanno tutto: hanno il mandato del loro Dio. Hanno Cristoddìo con loro, con l’aggiunta dell’aiuto del pubblico da casa che, in ginocchio, importuna il Cielo perché aumenti il gregge di coloro che sono disposti a sfidare il branco al grido di: “È vicino a voi il Regno di Dio”.
Qualcuno, nei secoli, penserà d’essere autorizzato a menare i lupi che per la strada incontrerà, soltanto perché sono nati lupi. Anche per i lupi, invece, è la novella di Cristo. Capiterà che qualcuno dei discepoli, più avventuriero di altri, di fronte al lupo non scappi via: gli si avvicini, tenti di imbastire una conversazione, rischi la pelle pur di carezzare la sua pelle. Non soltanto Cappuccetto Rosso ha la sua storia, ma anche il lupo ne possiede una: fatta, magari, di isolamento, di orgoglio, di boschi mai percorsi dagli uomini, di lune favolose che brillano dentro la foresta. Per questo Cristoddìo non autorizzò gli amici ad andare a cacciare il lupo, ma ad attraversare i suoi paesi, ad incrociare le sue traiettorie, a esplorare le sue paure. Perché può capitare che anche il lupo, pur lupo, s’incanti di fronte all’annuncio belato di un agnello: “Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome” gli gridano i discepoli, impazziti dalla sorpresa, al ritorno.
Per Lui non è una novità, l’aveva calcolata come possibilità, lega loro i piedi per terra: “Invece che esultare assai per il goal fatto sul mio assist” – li ammonisce – “rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Non per le performance ci sarà da festeggiare: ma per il semplice fatto d’essere stati scelti come grembi per far brillare gli incanti d’Iddio. E farsi ridere dietro dal mondo per l’ingenuità.
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È che da certi incontri non si può tornare indietro: si può solo andar avanti. Insieme. Avvertiti anzitempo del doppio gioco di cui è capace un lupo: arrivare e mangiarti, oppure arrivare e portarti a guardare una luna che non conoscevi. Cristo, agli amici, insegna a identificare i lupi, ma non ad evitare di subirne il fascino: qui entra in gioco la fedeltà, che non è mai credibile senza un rischio. È pericoloso affrontare i lupi, ma non c’è altra strada che passarci “in mezzo” (cfr Lc 10,1–20).
Commento a cura di don Marco Pozza
(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)
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