Il paese delle lacrime
Una lacrima è la forza idraulica più potente dell’universo: non conosco una parola altrettanto efficace o eloquente di una lacrima versata. Paragono il suono di una lacrima ad un gesto enologico del nonno: l’ho visto più e più volte – nella sua cantina che fungeva da laboratorio d’artigiano – sfiatare le botti perchè non esplodessero. “Ricordati, Marco, che la botte va sfiatata ogni tanto, altrimenti va che scoppia” mi diceva. Pure papà, idraulico apprendista, lo vedo preoccuparsi che i tubi siano sfiatati: “Vuoi che gelino?” rimprovera mamma, pessima quanto me in materia. Sfiatare perchè non scoppi, perchè non si geli. Sfiatare è gesto di salvaguardia, sfiato è gestualità di sollecitudine: «Le lacrime sono la valvola di sicurezza del cuore, quando troppa pressione è su di esso» (A. Smith). Non è facile spiegare l’origine di una lacrima, è più facile versare una lacrima: sarà per questo che, nell’Ultimo Giudizio, più che le parole verranno pesate le lacrime.
Il paese delle lacrime Cristo lo conosce. Quando gli è prossimo, Lui che è Dio-Onnipotente, accetta l’impotenza dell’Uomo ch’è: «Signore, vieni a vedere! Gesù scoppiò in pianto». Lazzaro è morto. Il soprannome di Lazzaro ha radici al cuore di Cristo, gli è caro: «Colui che tu ami è malato», mandano a dire a Cristo le sorelle, Marta e Maria, tutta gente che aveva Gesù tra i piedi un giorno sì, un giorno no. Che dire, dunque, in tempo di morte imminente? Le parole fanno più male dei silenzi, certi giorni. Cristo, dunque, fa l’impenetrabile: «Rimase per due giorni nel luogo in cui si trovava». Due giorni, per chi ha l’appuntamento fissato con la morte, sono tantissimi, troppi, fatali. Deleteri: sono il sospetto che Dio, in piena bufera, si assenti paurosamente. “Se n’è fregato di voi – insinua Satana il beccamorto -: per fortuna eravate amici suoi!” Credo nell’esistenza dei becchini, ma non affido la mia vita ad un beccamorto. Quei due giorni mi fanno impazzire: sono traccia di ritardo, di menefreghismo o d’attesa? Gli è tanto amico Lazzaro: è questa la ragione dell’attesa, altro che negligenza.
I miracoli, Cristo, li compie per la gloria di Dio. Li riserva agli estranei, è allergico a compierli quando glielo chiedono, non vuol che qualcuno pensi che li realizzi per farsi bello di fronte al grande pubblico. L’amicizia, stavolta, è un’imboscata: “Padre, tu sai che io amo Lazzaro come me stesso – tento d’immaginare il suo dialogo interiore -: aiutami a farlo risorgere facendo in modo che la gente l’attribuisca al tuo cuore, non alla mia amicizia”. Non farsi bello agli occhi del mondo usando il Padre: di questo si impensierire il Figlio. Per questo per «due giorni» rimane là: per confrontarsi col Padre suo. L’unico che può dire alla morte “Aspetta due giorni” e lei aspetta.
A Betania, quando lo vedono arrivare (perchè arriva), tanti vanno incontro al Rabbì. Incrocia subito Marta: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto». Gli rinfaccia la flemma, i due giorni di manifesto ritardo. Però, quando vede Gesù, non ha ancora abbassato tutta la tapparella: è leggermente socchiusa. Basterà, a Cristo, per infilarsi: «Signore io credo che tu sei il Cristo». Strano miracolo a Betania: una pioggia di lacrime versate sulla casa in lutto. La morte è un’usanza che, prima o poi, tutti siamo tenuti a onorare. «Non sapevo bene che cosa dirgli. Mi sentivo molto maldestro – è Antoine de Saint-Exupéry a scrivere -. Non sapevo bene come toccarlo, come raggiungerlo. Il paese delle lacrime è così misterioso». Non sa che cosa fare Gesù: «Scoppiò a piangere». Capita che chi più piange, più s’accorge del da-farsi: «Lazzaro, vieni fuori!».
Nessuno conosce il peso di una lacrima d’uomo, figurarsi di un grappolo di lacrime del Cristo: «La lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra» (G. Rodari). Noi preti siam tutti presi nello spiegare l’inspiegabile, come se la gente chiedesse questo. Vorrebbe, invece, un po’ di lacrime: che attraversassimo il paese delle lacrime tenendo loro una mano-piangente. Nessuno si salverà dalla morte da solo.
Commento a cura di don Marco Pozza
(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)
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