Gli dico di sì e poi me ne sbatto
“Che me ne faccio di un bravo ragazzo? – riflettè il Cristo – E se fosse tutta una facciata?” Come quelle case finte che hanno solo la facciata, mai finite per mancanza di quattrini: l’ingresso è degno d’essere l’ingresso d’una reggia, ma le stanze dentro sono più squallide di un tugurio. «Che ve ne pare?» chiede un Cristo curioso ai sacerdoti e alla gente anziana del popolo: li interroga, vuol che si sentano partecipi del (ri)fiorire del Regno, capiscano che l’obbedienza, senza il cuore libero, è la più viscida apparenza. Dunque, ancora una volta, ecco una parabola a disposizione, su misura, materia di artigianato: ancora un uomo, due figli (ha sempre due figli l’uomo del Vangelo, ndr), l’identica situazione e, ovvio, due risposte differenti. Una da “Gli dico sì e poi me ne sbatto”, l’altra “Mica sono sfigato da lavorare con mio padre. Un attimo: ci ho ripensato”: «Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?» Il devotissimo disobbediente oppure l’altro, il disobbediente devoto? La risposta, quand’è evidente da non poterla tacere, non ammette dubbi: «Il primo». Questione di logica, di buon senso, di praticità.
Eppure l’altro, la bella facciata senza stanze, subito gli fa fare bella figura, fa la sua bella figura: “Voi fermatevi pure alla stazione dell’apparenza – sembra bisbigliare Cristo ai suoi lettori -, io scendo dopo, a quella della sostanza”. Sono facce note, quelle da primi-della-classe, al Cristo operaio: è tutta gente che con un’app sembra quasi assomigliare ad un’opera d’arte, ma qualora tu le volessi riconoscere dal vivo ti servirebbe una guida. Nei Vangeli l’apparenza t’incanta, ti incarta: è quando la scarti che ti delude: «”Sì, signore. Ma non vi andò». Case con la sola facciata addosso, fiori finti che «restano belli per sempre e proprio per questo non sono belli mai» (G. Faletti). Storie senz’anima, di quelle che poi durano pochi decenni. Una personalità, pur attorcigliata e sbuffante, regge per tutta la vita: «”Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò». Quest’ultimo è una faccia stramba, diversa: nessuna proforma, reverenza, inchino. Solo l’autenticità di un’anima libera. Che, essendo libera, è libera anche di ricredersi: “La vigna è di famiglia, non è soltanto di mio padre: che senso ha, allora, non collaborare alla potatura?” Cristo, se potesse essere l’aiuto del pubblico alla titubanza degli interpellati: “Che ne me faccio di un bravo figliolo tutto casa e chiesa ma senza un pizzico d’amore? Preferisco di gran lunga i ribelli innamorati che gli amori abituati”. Le abitudini, certo, rendono la vita più comoda ma anche meno eroica.
Essere o apparire, dunque? Soprattutto quando la storia dimostra che i più grandi misfatti non sono stati affatto compiuti da gente che ha infranto le regole ma da persone che hanno seguito le regole alla cieca, senza pensarci, evitando l’urto della coscienza. Il vaglio della ribellione. E’ una legge di natura che Cristo prende a prestito: sono i cani più fedeli al padrone quelli che abbaiano, gli altri sono bigiotteria, compagnia, buon-gusto. Al momento opportuno, tradiranno per un tozzo di pane, una valigia di soldi, una berretta cardinalizia di troppo. Eppure la forma è rispettata, l’apparente educazione assicurata: risposte di circostanza ne hanno a bizzeffe. A parole dicono di andare a lavorare nella vigna, poi quella vigna la danno in sub-appalto ad altri. E per loro lavorare sarà guardare la vigna dal balcone: le bugie più crudeli – «”Sì, signore. Ma non vi andò» – sono sempre raccontate con onestà, pronunciate con tanta educazione. La fedeltà, invece, è sempre una ribellione iniziale. Mi piace il verbo ri-bellarsi: mi suona un po’ come (ri)voltarsi, una sorta di torcicollo verso il bello. (Ri)bellare è tornare a guardare il bello dopo averlo rifiutato: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37), si ri-belleranno a Lui. Torneranno belli. Mignotte e farabutti si (ri)bellano, hanno il torcicollo: provano anche ad andarsene ma, facendolo, scoprono d’essere sul punto d’ammattire: “Dove andare senza di te, amore?” Chissenefrega dei bravi ragazzi. Peccato che in me, a giorni alterni, convivano entrambi. Dilaniandomi.
Commento a cura di don Marco Pozza
(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)
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