Stanchezza e tristezza
Rincasano dopo uno dei primi viaggi di lavoro e te li ritrovi riuniti attorno al Maestro a raccontarGli l’accaduto: briefing, confidenze, indicazioni. E Cristo, da parte sua, li ascolta, li stimola forse con dei cenni soddisfatti, adora sentire i racconti degli amici, amici che sono appena tornati dopo avere iniziato a far guerra alla guerra. Ne ammira il coraggio, intravede ulteriori miglioramenti, lo affascina quel loro osare la vittoria in combattimenti così ardui, anche di fronte alle possibilità della disfatta. In merito li aveva addestrati: «Se in qualche luogo non vi accogliessero, non vi ascoltassero – prima lezione di come rimettersi a correre dopo avere subito un goal – andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Detto e fatto, andata e ritorno: eccoli! Smunti di una stanchezza che non sfugge all’occhio del Rabbì che, padremmadre, li invita a riposare. Come a casa quando torni stanco, magari un po’ triste, consapevole di avere dato il massimo: “Fermati un attimo, prima di ripartire. Non ti accorgi che sei stanco-morto, pensa anche a te”. Poco importa, al Cristo, che il mondo sia un cantiere a cielo aperto, che le richieste sorpassino di molto la manodopera disponibile, che tutti chiedano cose da fare per ieri.
A Lui, costruttore edile di cuori, interessa loro, la loro calda umanità ch’è tanto sotto pressione: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi». S’accorge della stanchezza, ma non è preoccupato: la stanchezza è una tristezza che penetra nella carne. E’ la tristezza a preoccuparlo, quella stanchezza che penetra lo spirito e fiacca i cuori. Gioca d’anticipo su Satàn: fra poco inizierà a far sospettare loro che il Maestro li sfrutti, che ci guadagni dal loro lavoro, che altrove la paga sia doppia: “Non vedete che vi spreme come arance! Mettetevi in proprio che almeno ci guadagnate di più!” sbuffa come una caffettiera fumante. Porco demonio!
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Li ferma, dunque: «Riposatevi!» Che la loro stanchezza non giochi brutti scherzi: che si stanchino, magari, d’essere anche amati da Lui. E’ vero che una volta disse loro che senza di Lui non avrebbero potuto fare nulla, è altrettanto la verità che senza di loro anche Lui sarebbe limitato, visto che ha deciso Lui di mettersi in cooperativa con loro: «Considero un valore – scrisse Madre Teresa di Calcutta – la stanchezza di chi non si è mai risparmiato». E’ gente fragile quella che sceglie il Dio cristiano, così fragile che nei secoli testimoni fragili come costoro – sempre a rischio di saltare per aria per troppo stress – stimoleranno molto più degli eroi tutti d’un pezzo.
Vallo a capire tu come ragiona Cristoddio: la fatica è la migliore preparazione per riposare c’hanno insegnato i nonni quassù nelle montagne. A Satàn, invece, interessa l’opposto: che la gente, nata per essere dei soffitti da contemplare, a lungo andare diventi un pavimento da calpestare. Chi altro è il Satanasso se non un soffitto stanco diventato pavimento? La sua stanchezza è pestifera: ti stanca davvero al punto da non sperare più, non correre più: chiuso, spento, buio, sipario tirato. “Li ho sfibrati, non hanno resistenza: ho vinto io” urla il Demonio sbrigliato. Non gli riesce nessuna cosa a chi il suo tempo non riposa.
Loro a riposare (per ricaricarsi), Lui a fare le loro veci con gli altri: anche la gente è sfiancata, «sono come pecore senza pastore». Si accorge il bel Pastore che, messi a riposo i suoi lavoratori, non ci sono altri pastori in movimento. Non s’arrende, non è Dio-menefreghista: «Ebbe compassione e si mise a insegnare loro molte cose». S’avvicina loro, li avvicina a Sé: “Lasciateli un attimo riposare, sono appena tornati. Nel frattempo sto io assieme a voi!”. Cristo è una quercia, nata, cresciuta per metter a riposare la stanchezza: ci si riposa meglio in luoghi conosciuti, amati.
Ci si sente protetti, c’è una pace che non esiste in altri luoghi: è dolce riposare dopo aver compiuto bene il proprio dovere. Ancora più dolce è farlo accanto a qualcuno che, mentre tu riposi, ti protegge: che nessuno ti faccia del male. E, in caso d’emergenza, invece di svegliarti lavora Lui al posto tuo.
Commento a cura di don Marco Pozza
(Qui tutti i precedenti commenti al Vangelo di don Marco)
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