Il sex appeal di Satana
Satana è bellissimo. «Un grandissimo figo» m’ha spergiurato un uomo che prima d’arrivare in galera ha attraversato il manicomio criminale. Ha ragione: il Demonio non è un barbaro o un bruto, nemmeno un uomo, tanto meno è Dio. Eppure «questo Essere si serve dei bruti, asservisce gli uomini e osa misurarsi con Dio stesso» (G. Papini).
Secondo la teologia cristiana, Satana è un angelo che comanda una legione di angeli. Ma è un angelo morto, imbruttito, maledetto e infame. È il regista del Teatro delle Marionette: marionetta è chi gli obbedisce e lo imita dicendo che non crede alla sua esistenza. Gesù – “Ricordati sempre di imparare dai migliori!” si raccomandava nonna – non lo scacciò di brutto, come si converrebbe al bastardo della porta accanto: lo tollerò, sopportò le tentazioni che gli orchestrò. Di più: fu l’unica compagnia, oltre al Padre suo, con la quale accettò di condividere l’esperienza del deserto.
Fu per Satana, anche se pare un paradosso solo scarabocchiarlo, che il Cristo andò a svernare quaranta e passa giorni in mezzo al deserto: «In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana» (cfr Mc 1,12-15). Diremmo, alla faccia di chi s’indigna, che Cristo andò nel deserto per dare appuntamento alla Bestia. E iniziare l’ultima lotta: Satana che sottrae l’uomo a Dio, Cristo che lo strappa a Satana e quest’ultimo che, indefesso, tenta in ogni modo di riconquistarselo.
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“Nel gioco della vita, vince chi non perde il cuore” (Parola del Signore).
È fighissimo, di una bellezza così confusionaria che, certi giorni, lo scambi per Cristo da quanto bello è. Di san Martino di Tours raccontano gli sia apparso Satana con i lineamenti perfetti di Gesù. Il santo, però, non si fece imbrogliare. Chiese: “Dove sono le tue ferite, nemico?” Non aveva ferite: “Prima mostrami le tue ferite. Non posso credere ad una fede senza ferite”.
La mancanza di ferite è una delle sue pompe migliori: nascondere la miseria e mostrare solo l’attrazione. Per questo, il giorno del battesimo, non si giura solo di rinunciare alla Bestia, ma anche «a tutte le sue opere, a tutte le sue seduzioni». Mica è una minuzia: a conta innanzitutto è l’amore di Dio, ma subito dopo conta conoscere anche chi è l’avversario. Calcolare ch’è un innamorato deluso, geloso. E ,come tale, non ha limiti di fantasia.
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Basta, dunque, tratteggiarlo a tinte fosche, come il più porco e lurido tra tutti gli esseri che popolano il cielo e la terra. La sua astuzia – di cui Cristo ha stima al punto da consigliare ai suoi fedeli d’imitarne la scaltrezza – è duplice: o travestirsi da Cristo (senza ferite, però) oppure gettare il sasso e poi nascondere la mano. Anche Satana ha i suoi miracoli, un suo credo. Un suo interesse nel cuore di Dio se, nel deserto, invece che sbattergli la porta, Cristo cerca di insegnare a lui, come agli uomini, chi sia e come agisca Dio Padre.
L’ultima scemenza, in ordine di tempo, è spargere voce che Satana sia un ateo. O, peggio ancora, che adori la gente atea. Lui, bontà sua, è certo più di me dell’esistenza di Dio: nessuno, più di Lucifero ha visto Dio da così vicino. Lo ha visto all’opera. È nemico degli atei, invece: la sua forza è strettamente legata alla forza di Dio.
E’ una questione più di logica che di fede: se uno non crede in Dio, non commetterà sacrilegi e, se coerente col suo ateismo, non bestemmierà neppure. Su costoro, dunque, che guadagno potrà recuperare Satàn? Sono già suoi: non c’è il gusto della battaglia e senza battaglia non c’è sapore della lotta, di vittoria.
Il suo capolavoro, invece, rimane il più erotico per gli amanti delusi e gelosi come lui: «Il suo capolavoro consiste precisamente nel prendere il posto di Dio dentro l’anima di coloro che seguono e amano Dio sulla terra» (G. Papini). Mica si accontenta della vittoria a tavolino: lui vuol sangue, fango, lotta. Le sue tentazioni, tuttavia, collaborano all’opera della salvezza: a Dio non piace il mediocri ma il vittorioso. Con il suo odio per Dio, Satana popola l’Inferno e al tempo stesso il Paradiso: l’inferno con chi lo ama, il Paradiso con chi lo vomita.
Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte