Il deodorante non è la doccia
E’ appena entrato a Gerusalemme Gesù. La città è drogata di musica, di frastuoni, di chiassi: il rischio è quello di confondere i fischi con i fiaschi, la gloria del mondo con la gloria di Dio. Se la confusione fosse il primo gradino verso la conoscenza, Gerusalemme quel giorno darebbe l’impressione di essere una città abitata da una popolazione geniale.
La confusione, poi, è per natura che tende a crearsi all’interno di un’illusione. Che razza d’illusione sembrò andare in scena quel giorno: un Cristo trionfante, i tappeti rossi per terra, persino gli ultras a gridare Alleluja! C’era un ammasso di confusione, quel giorno, nella Città Santa: c’erano idee confuse, quel giorno, attorno alla figura di Cristo.
Sappiamo bene, poi, che più un’idea è confusa, più ha il potere magnetico d’entusiasmare la folla, tendendo a portarla fino al grado massimo d’eccitazione: il visibilio. Ad ascoltare tutta quella gente, la situazione era di quelle da mettersi le mani nei capelli: attorno a uno come Cristo, stava montando un’immane confusione: si stavano mettendo in scena aspettative altamente rischiose.
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Il clima era di quelli da attenzionare da parte della questura: “Far attenzione a non confondere l’infatuazione con l’amore – gracchia qualcuno da un ipotetico megafono posto in qualche angolo, tipo quello dell’arrotino in arrivo -: mai confondere la confidenza con l’amicizia, il deodorante con la doccia”. Ma, a quanto pare, Gerusalemme era in tranche completa: non capiva più nulla.
Passi che la città non capisca nulla. Al Cristo – che ormai ha imboccato la direttissima che, attraversando Gerusalemme, conduce sul Calvario – preme la situazione cardiaca dei discepoli. Che non si illudano, conoscendo bene il loro carattere, che si stia andando a comandare: altrimenti andranno a schiantarsi contro la loro infatuazione.
La verità, per Cristo, fissa sempre gli appuntamenti nella semplicità, mai nella confusione: «E’ venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato» disse agli amici. Anche qui, però, si premunì di spiegare loro di che tipo di fama stesse parlando: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto».
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Fossero stati, invece che sotto quella grandinata d’applausi di Gerusalemme, davanti allo splendore delle cascate del Niagara, l’avrebbe spiegato loro così il medesimo concetto: “Se un fiume non cadesse, non morirebbe, rimarrebbe fiume. Se invece cade, produce la cascata. E voi restate incantati.
Quello che gli scienziati chiamano cascata, amici miei, il fiume lo chiama caduta.” Gerusalemme, sotto gli effetti di quella droga d’eccitazione di massa, non andò al sodo della coerenza di Cristo ma pensò a Lui come ad un grande imbonitore: “Non ci piacciono i tipi troppo coerenti – disse la maggioranza quando, qualcuno, osò chiedere se stava capendo cosa c’era in gioco in quei momenti. I tipi troppo coerenti ci mandano in confusione”.
A creare confusione alla folla era il Cristo, lo stesso che cercò di mettere ordine nella testa degli amici. Sbriciolando il suo «chicco di grano» in migliaia di altri esempi per aiutare loro a capire il mistero di quel che stava accadendo: “La perla è un’ostrica ferita. La cicatrice è una ferita ricucita. Il fiore è una gemma esplosa. La musica è una corda pizzicata. La baia è un mare accerchiato. Il vino è un acino pigiato. Il bastone è un ramo spezzato. L’olio è un’oliva torchiata. La farfalla è una crisalide tramutata. La finestra è un muro perforato”. Andò oltre: “Il perdono è una morte defraudata. L’amore è un uomo crocifisso”.
Insomma tentò di spiegare loro che non ci potrà essere bellezza finale senza una disperazione iniziale. Non capirono granchè: non erano mai stati dei geni in materia. Rimase loro impresso, forse, il finale da batticuore, in un racconto da cimitero: «Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (cfr Gv 12,20-33). Quando lo disse loro, loro non ebbero nemmeno il tempo di dirgli: “Un attimo: ci dobbiamo pensare”.
Non sarebbe stata vera attrazione se fosse stata un’opzione da scegliere. Invece l’attrazione è.
Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte