Se non venite sono affari vostri
Quello che il padrone, il giorno in cui il suo figliolo si sposò, sentiva battere in cuore, era troppo grande per poterlo esprimere con parole qualsiasi: per questo, per quel giorno, «fece una festa di nozze per suo figlio». A quanto tramandano i cronisti, fu una festa grandiosa, una festa rara: è così che dovrebbero essere le feste per poter essere chiamate tali. Altrimenti non si potranno chiamare feste.
Poi, organizzata bene tutta la festa, cercò di far esplodere la sua gioia condividendola con i suoi ospiti: «Egli mandò i suoi servi a chiamar gli invitati alle nozze». Una festa sarà una festa bella, la più bella delle feste, se ci saranno degli invitati a rendere tale quella festa. Non aveva calcolato – oppure l’aveva calcolato bene ma, fino all’ultimo, ci provò a spostare quel terribile pensiero – che qualcuno, a quell’invito, rispondesse con un rifiuto: “Buttare un invito è sprecare un’opportunità, spesso la migliore” si era detto tra sé mentre scriveva sulla busta il nome e il cognome degli invitati. Non era gente chiamata lì per caso: era tutta gente ch’era legata al suo cuore con un motivo di gioia.
Non era nemmeno la prima festa che imbandiva: sapeva bene che la bellezza di certe feste è quella di addormentarsi sul letto dei cappotti da quanto stanchi si è dopo avere festeggiato fino all’ultima goccia di sudore. Così, nel suo cuore, doveva essere anche questa festa. Invece questi, gli invitati, «non volevano venire». Si può rifiutare un invito a fare festa? A quanto pare sì: basta una bugia e anche una festa tramuta in un funerale. Quel tipo di bugie – “ho da dare da bere al giardino, ho da portare il cane a fare i vaccini, ho promesso alla suocera di tagliare l’erba, torno la sera prima dall’estero” – che hanno sempre bisogno di due persone per stare in piedi: uno che la racconti e uno che annuisca sentendo raccontare quella bugia.
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Eppure era tutto pronto nella sala. è sempre tutto pronto, in chiesa, alla domenica: c’è il Pane, c’è il vino, c’è la Parola su misura per quella giornata. C’è Lui, la grande differenza. Ci sono anche mille scuse: “E’ l’unica mattina in cui possiamo dormire un po’. È che se fosse ad un orario più umano, forse andremmo. Proprio a quell’ora c’è la partita di Tobia. Ho promesso ad un amico che gli presto la macchina perchè la sua è rotta. Non me la sento proprio di andare e vedere la gente che va soltanto perchè bisogna andare”. Un’ingegneria di bugie per un uditorio disposto a fare di sì con il naso: ad annuire.
E Dio, lì in chiesa, a vedere l’ora che si avvicina – fino a sentire l’ultima campana suonare –, a notare i banchi vuoti: “A che cosa mi serve una bella festa privata se sono rimasto l’unico a festeggiare?” Rimettere tutto quel bendiddio nella scatola? Figurarsi: ciò che si è promesso, il Dio cristiano, è che la bruttezza non riuscirà mai ad abbruttire Lui. Ecco, dunque, il suo contro invito: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». La festa, oggi, si farà comunque: alla faccia di chi ha provato a rovinarla. E la sala «si riempì di commensali». Guardandoli entrare, si capiva quant’erano orgogliosi di poter avere una biglietto d’ingresso tutto per loro: roba da non crederci!
Erano sporchi, luridi, puzzolenti: venivano dai crocicchi, dalle baracche, da sotto i ponti come si arriva da un paese. E quella chiesa semivuota e triste – chi era stato invitato s’era permesso di fare il prezioso, tirandosela un po’ troppo – scoppia di gioia: nessuno, dei primi invitati, mostrava di gustare più il Pane, la Parola, il vino. Lui, addirittura in persona. Liberi, di rifiutare: ma non di impedire al Padrone di scrivere nuovi inviti per riaccendere la festa che Lui vuole imbandire a tutti i costi.
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Si arrabbieranno in tanti perché questi ultimi arrivati non si sono confessati, vivono situazioni irregolari, è la prima volta che entrano in chiesa, non hanno mai fatto i turni all’oratorio. Perché “non sono dei nostri”. Il padrone li lascerà incazzarsi: doveva, forse, proibirsi la gioia perché i suoi invitati non se la sentivano più di fare festa assieme? La festa, invece, fu ancora più grande: “Mi dispiace solo che certi inviti baserà un attimo per rifiutarli ma nessuna eternità li restituirà più”. Una nuova chiesa riempita di «cattivi e buoni» (cfr Mt 22,1-14). Addirittura prima i cattivi!
Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte