Come guadagnare investendo
L’invito, ch’è di una prepotente bellezza, è diafàno: “Fino alla fine!” pare sia la scritta che Cristoddìo si porta cucita sul volto. In modo tale che chi si imbatte in Lui possa fiutare la misura esatta di quanto sia necessario sporgersi sul ciglio dell’abisso pur di non perdere per sempre un fratello. Pietro è un uomo scafato, ormai ha capito quant’è vasto l’orizzonte del Cristo: non è lo stupido del villaggio come vuol far credere ogni tanto.
Se Cristo l’ha scelto, tra migliaia di pescatori a disposizione, è perchè in lui ha intravisto del buono, del genio, magari nascosto sotto il ciarpame di un cuore avvezzo alle profondità del mare ma non a quelle dell’anima. Restando appresso a Cristo, ha appreso il segreto: “Se avessi solo il sospetto che la risposta che Lui mi potrebbe dare ad una domanda non sia per me soddisfacente, preferisco non fargli nessuna domanda”. Cristo, però, capta il cuore di ciascuno.
Probabilmente avverte che più di uno, non soltanto Pietro, vorrebbe sapere come comportarsi nel caso un fratello fosse in panne. Non lo chiedono, però. È per questo che Cristo, notando che la domanda è sulle labbra di molti, risponde giocando d’anticipo: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, và e ammoniscilo tra te e lui solo». Apre le danze avvertendo che, per uno sbaglio, non si dovrà serrargli la porta per sempre. E già questo t’irrita.
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Infastidisce, pure promettendo che la fatica nasconde un guadagno: «Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello». Non soldi cash, ma battiti del cuore, frammenti di umanità: scorci di fratellanza. D’altronde il popolo arabo è convinto che “se cerchi un fratello senza difetti, rimarrai senza fratelli”. E’ un illuso Cristo a ragionare così? Assolutamente: non si illude che al primo tentativo il fratello si converta dal male compiuto.
Per questo cerca di suggerire altre possibilità: «Se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone» Cioè: crea allenza perchè si possa vincere la battaglia con il male che s’annida nel fratello. Nemmeno così si pentirà? «Se non ascolterà costoro, dillo alla comunità»: siccome sembra che ci vogliano «due uomini per fare un fratello» (I. Zangwill), è ancora più fruttuosa la riparazione di un uomo piuttosto che iniziare a cercarne due. E ricominciare una storia di fratellanza daccapo.
Poi, provate tutte, «se non ascolterà nemmeno la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano». Sapendo che, comunque, a te nessuno toglierà la vera vittoria, ch’è quella di averci provato fino in fondo a farlo sentire amato nell’attimo in cui meno lo meritava. Era proprio allora che ne aveva più bisogno. Anche se, magari, nemmeno lui avrebbe giurato di averne.
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“Fino in fondo”, dunque. Con un’estrema delicatezza: prima “a tu per tu”, poi con l’alleanza di testimoni, con la forza della comunità. Poi, comunque, non verrà abbandonato del tutto: verrà lasciato in compagnia, riconsegnato, alla propria libertà. “Ragionamenti da preti! Non facciamo falsi moralismi! Dipenderà da che colpa avrà commesso!” vivisezionerà il concetto qualcuno.
Nel frattempo anche la Costituzione Italiana, pur non essendo stata commissionata da nessun ente religioso, non è riuscita a non fare propria quest’ansia del cuore: «Le pene – parla a proposito di chi, per le colpe commesse, viene condannato alla galera – non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato» (Art. 27).
E’ onesta la Costituzione al punto da non assicurare che la fatica fatta andrà a buon fine: il verbo «tendere» lascia aperta la possibilità della non riuscita, di un mancato ottenimento. Il verbo «devono», però, mette nero su bianco che, prima d’arrendersi, occorrerà avere provato uno, o più, tentativi di recupero. “Ha sbagliato, poteva pensarci prima: è tardi adesso.
Troppo comodo!” Ragioniamo così, fino al giorno in cui, dopo aver fallito un obiettivo, sogneremmo ci fosse qualcuno che ci abbia lasciato aperta la porta del cuore. Quel giorno il Vangelo avrà il sapore del pane appena sfornato.
Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte