Il diritto a scornarsi
Non bastava sentirci rinfacciare che gli ultimi saranno i primi. O, forse, ci ha scocciato così tanto, che il buon Dio ha pensato bene di calcare la mano aggiungendoci anche i delinquenti. Sono loro – con buona pace all’anima nostra – che ci sorpasseranno a tripla velocità nella carreggiata che porta dritti verso il regno dei cieli: «In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno dei Cieli». Che sia una truffa legalizzata, la solita capacità di procurarsi delle raccomandazioni per scansare la fatica e abbreviare il tragitto? Macchè! I delinquenti sono delinquenti, ma sanno bene d’essere tali, di versare in questa condizione malsana.
È questo il loro privilegio: la coscienza d’essere quello che sono, senza per questo andare orgogliosi. Sanno di non meritare altro che il biasimo e la condanna per quello che hanno fatto, ma: “Non si sa mai: teniamo le orecchie alte che, se capitasse un’altra volta l’occasione, stavolta ci pensiamo due volte a gettarla via”. Rompe, ma è vero: chi ha perduto tutto – per chissà quali casini dell’anima o della legge – manterrà spesso accesa la spia della sorpresa.
La novità, se da qualche parte esiste, in loro avrà un potere d’acquisto formidabile. Sapere di essere in debito, certe volte, vale di più dell’arroganza di pensarsi con la coscienza immacolata come la neve: “Ritorni a farmi un’altra proposta, Diommio? A me, lurido menefreghista?” Il Padre colpisce sempre di sorpresa: arriva quando meno te lo meriti. Quando meno te l’aspetti.
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Eppure, di primo acchito, andare a sgobbare nella vigna quand’è possibile arrivare a fine giornata senza fare nulla, non è il più grande dei desideri: «Figlio, và oggi a lavorare nella vigna». La risposta è tipica dei “bastian contrari”: «”Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò». Prima di obbedire, qualcuno dovrà pure ricordare a se stesso di essere libero di disobbedire: “Esiste oppure no il diritto al dissenso in questa casa?” Certo che esiste: nei Vangeli non ci può essere felicità senza la libertà.
È il bello di quando tutti ti considerano un disobbediente, uno screanzato o un rompi: non dovrai fare nessun sforzo per fare bella figura. Sei libero, però, di andare e venire dalla tua coscienza senza trovare traffico di spettatori lungo la via: «Poi si pentì e vi andò». Ogni terremoto inizia sempre con una piccola scossa: “Che ci faccio qui da solo? Per ballare il tango bisogna sempre essere in due!” avrà ragionato il figlio disobbediente obbedientissimo. E pensare che il fratello, all’inizio, lo aveva battuto alla grande in quanto ad obbedienza: «”Sì, signore” – aveva risposto – Ma non vi andò».
Basterebbe quel «”Sì, signore”» per capire tante cose: ad un “signore” si deve formale rispetto e obbedienza. Con un padre, invece, si è liberi di dirgli le cose in faccia senza, per forza, mancargli di rispetto. Il diritto al dissenso, nei Vangeli viene prima della bellissima invocazione: “Sia fatta la tua volontà”. Non è successo questo a Nazareth, con l’ape operaia Maria? Prima dell’«eccomi» ci sta un dissenso da far tremare il Cielo: «Com’è possibile questo?» (Lc 1,34). È riaccaduto nel Getsemani, nel punto focale della storia: prima di dire «non sia fatto ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu», il Figlio operaio disse al Padre suo no: «(Padre), allontana da me questo calice» (cfr Mc 14). Si va troppo in velocità, certe volte, nella vigna.
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Che Dio sia un “signore” o che sia un “padre” cambia tutto: si potrà essere figli obbedienti senza mai essersi innamorati per davvero. Anche il contrario: si potrà essere figli innamoratissimi proprio perché, il più delle volte, ci si arrabbia, ci si scorna, ci si manda direttamente a quel paese. Senza perdere mai di vista il risultato finale, però: “Scappare da mio padre? È stupido – ragiona tra sé quel figlio che subito dice no! – E se andare nella mia vigna fosse la salvezza?
Me ne andrei per i fatti miei con la mia rovina in braccio”. Capita spesso che le notizie più incredibili, quelle che picchiano sul serio, siano sempre quelle che ti dai da solo, all’improvviso. Sono anche quelle che Cristo apprezza. Qualche botta e risposta schietto dentro casa, l’andare avanti e indietro dalla vigna: e la personalità viene fuori meglio che sdraiati sul lettino di Freud. In effetti bisogna essere in due per il tango.
Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte