Lettura del Vangelo e commento del testo che la liturgia propone per venerdì 4 ottobre 2024.
Trascrizione automatica (non rivista) generata da Youtube e “corretta” tramite IA.
Un buon venerdì a tutti e una buona festa di San Francesco, che è patrono d’Italia, ma certamente anche uno dei santi più amati dalla devozione e dalla spiritualità cristiana.
Leggiamo il Vangelo che la liturgia ci propone per questa festa di San Francesco.
Dal Vangelo secondo Matteo:
“In quel tempo, Gesù disse:
‘Tirendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio. Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero.’“
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Vorrei condividere tre considerazioni che mi sono venute in mente per questa festa di San Francesco, ma anche a partire dal testo del Vangelo che abbiamo ascoltato.
La prima considerazione vorrebbe essere un po’ di carattere generale. Noi, Francesco d’Assisi, penso un po’ in tutte le parti d’Italia, lo chiamiamo “Il Poverello”. Ma Francesco d’Assisi era davvero povero? Certo, se lo guardiamo con i criteri dei beni umani, sì, Francesco ha fatto una scelta di povertà. Ma era povero?
Francesco era ricchissimo! Solo che ha intuito che la povertà sta molto più in basso rispetto a dove la collocheremmo noi umani. La ricchezza, secondo lui, è Cristo, ed era ricchissimo perché era pieno di Cristo. Francesco non sceglie la povertà, sceglie la vera ricchezza. Ma scegliere la vera ricchezza, che è Cristo, comporta che quei beni che fanno la ricchezza umana perdono un po’ di significato.
Noi uomini non siamo fatti per la povertà, siamo fatti per la ricchezza. E chi fa scelte di povertà radicale è perché ha intuito che è Cristo la vera ricchezza. Secondo me, questa cosa è fondamentale, altrimenti abbiamo sempre un ideale di cristianesimo mortificato, mortificante, triste. Ma la scelta cristiana è una scelta fatta nella gioia. Io scelgo la rinuncia ad alcuni beni perché Cristo è la ricchezza. Pensate al mercante che va in cerca di perle preziose, che vende tutto per la perla; o a quell’uomo che sta arando il suo campo e trova un tesoro enorme, e va a vendere tutto per comprarlo. Ma per comprare quel tesoro!
Il Signore ci ha fatto per essere ricchi, per essere nella gioia. Ma l’intuizione di Francesco d’Assisi e di tanti cristiani è che la gioia sta nel Signore, non sta nel possesso di mille beni, non sta nel possesso di valori che possono essere l’onestà, la ricchezza o il prestigio. La vita si riempie di fronte a Cristo. E questa cosa è decisiva, anche per comprendere il Vangelo di oggi.
Nella prima parte del Vangelo si tesse questo elogio dei piccoli. Il Padre nasconde ai sapienti il Regno dei Cieli, ma lo rivela ai piccoli. E poi questa è la questione: il piccolo non è colui che si mortifica, e allora il Padre, vedendo i tuoi sacrifici, ti dà un surplus di santità. Il piccolo è colui che è capace di rendersi conto che la ricchezza risiede nell’accogliere il dono di Dio. Signore, io scelgo te perché mi fai ricco tu. Mi rendo conto che la fede è accogliere il tuo dono, non ho bisogno di girare il mondo alla ricerca di chissà quale sapienza o di chissà quale ricchezza; accolgo la tua, come un bambino fa spontaneamente nei confronti della benevolenza dei genitori.
Ti accolgo, Signore, e qui scopro la mia ricchezza. Ti apro le porte e mi rendo conto che tu riempi la mia vita. Allora ti scelgo. L’infanzia, la piccolezza spirituale non è una mortificazione, ma è un’intuizione che è il Signore che mi fa grande.
Nella seconda parte del testo di oggi si parla del giogo. Sembra una cosa un po’ paradossale, no? Gesù dice: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, vi darò ristoro. Prendete il mio giogo”, che è praticamente quell’attrezzo che serve per tirare l’aratro. Ma come? A chi è stanco e oppresso, tu carichi il giogo sulle spalle? Eh sì, miei cari, noi non possiamo vivere senza gioghi nella nostra vita. Noi portiamo il peso della nostra vita. Puoi scegliere quale giogo: puoi scegliere di caricarti di cose che appesantiscono la tua vita, ecco le ricchezze, ecco il bisogno di successo, ecco il bisogno di affermazione contro tutto e contro tutti, che inizia a crearti una vita assolutamente asfittica. O puoi caricarti del giogo di Cristo, Lui che è dolce, che è mite, che è umile di cuore e che ti fa generare vita.
Non è nel nostro potere non avere un giogo, ma tu puoi caricarti di pesi che ti schiacciano o di pesi che generano vita. Puoi tirarti dietro zavorre, oppure puoi trascinare un aratro che è capace di generare vita, che è capace di generare qualcosa. Questo puoi scegliere tu.
La scelta di Francesco d’Assisi di abbracciare Cristo certo significa portare il giogo, anche della fede. E Francesco non è stato uno che non ha dovuto soffrire, ma ha rinunciato a caricarsi di mille zavorre che si tirava dietro, che erano molto luccicanti, ma che non generavano nulla.
Allora l’augurio che vorrei fare in questa festa di Francesco è di essere estremamente ricchi. Per questo ci ha fatto il Signore: ci ha fatti per la ricchezza. Ma che sappiamo trovare dove sta la vera ricchezza. La povertà non è la rinuncia a essere ricchi, ma è la scoperta di dove sta la ricchezza vera. La sobrietà non è la rinuncia a una vita piena, ma è la scoperta di un giogo che, trascinandolo, genera vita e non la appesantisce, non la mortifica.
Grazie per questo momento che abbiamo condiviso. Buona giornata a tutti e buona festa di San Francesco d’Assisi!
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