Lettura del Vangelo e commento del testo che la liturgia propone per mercoledì 2 ottobre 2024.
Trascrizione automatica (non rivista) generata da Youtube e “corretta” tramite IA.
Buon mercoledì a tutti. In questa memoria dei Santi Angeli Custodi, ascoltiamo il Vangelo che la liturgia ci propone.
Dal Vangelo secondo Matteo:
“In quel momento, i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: ‘Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?’
Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: ‘In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo, nel mio nome, accoglie me. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.'”
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Motivo per cui la liturgia ci fa fermare un attimino nella lettura continua del Vangelo e ci fa leggere questo testo di Matteo. La citazione finale: “Io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.”
È una frase che ci può spingere a meditare e a riflettere in questa giornata, in cui facciamo memoria di questo passaggio della fede della Chiesa: la fede negli angeli custodi.
Proviamo, però, come siamo un po’ abituati a fare, al di là della celebrazione liturgica, a soffermarci sul significato del testo.
Quest’anno sono un po’ colpito da questa cosa, lo ripeto anche oggi, ma mi sembra molto interessante il fatto che i discepoli vadano da Gesù e chiedano: “Chi è grande?”
E Gesù risponde: “Guardate che questa cosa, secondo me, davvero è fondamentale.”
Noi, forse, non lo so, magari è semplicemente un problema mio, per la mia educazione, per la mia indole, però mi viene in mente quando Nietzsche accusava i cristiani di essere gente che, nella vita, non vuole osare, umili e silenziosi, perché in realtà sanno di non farcela.
Ma quando noi leggiamo il Vangelo, non è così: Gesù ci vuole grandi, vuole che la nostra vita sia grande, sia bella, sia nobile. Certo, non è un ideale di grandezza oppressivo, che schiaccia e umilia gli altri, però dobbiamo davvero liberarci da un certo retaggio per cui vita cristiana vuol dire testa bassa, zitto e mosca, e non farti venire grilli per la testa. No, siamo chiamati alla grandezza.
Facciamo bene a chiedere a Gesù chi è grande, perché lui ci vuole grandi. Ma il difetto è quando noi pensiamo che, per essere grandi, bisogna essere i più grandi, e dunque dobbiamo schiacciare qualcuno, dobbiamo arrivare prima di qualcuno, altrimenti non siamo grandi.
Che bello, no? Allora, questo passaggio che fa Gesù: mette al centro un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli.”
È il bambino la misura della grandezza di Dio. Tu puoi scegliere di essere grande prendendo il passo dei piccoli, prendendo il passo degli ultimi.
E non è una vita mortificata, non è una vita buttata via, e non è una vita con le ali tarpate, quella di decidere di prendere il passo degli ultimi, di essere solidali con chi fatica a camminare. Noi davvero dobbiamo avere il coraggio di dirlo, di ribadirlo, questa cosa: che è bello, che è nobile, che è grande, che riempie la vita decidere la logica di solidarietà, la logica di porre al centro i piccoli, i poveri, gli esclusi nella mia esistenza.
La Chiesa deve mostrare che questo non è facoltativo per lei, è il cuore della sua identità: porre al centro del suo cammino gli ultimi.
E questo ci fa grandi, e non è una vita buttata via, non è una vita sprecata, la vita di chi prende il passo degli ultimi.
Ecco, questo mi sembra molto, molto interessante. Sottolineo anche un altro passaggio che mi sembra molto bello: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini…”
Non so se si fa anche dalle vostre parti un canto che dice: “Se non ritornerete come bambini…” No, non c’è scritto “se non ritornerete”, ma “se non diventerete”. Il Signore non ci chiede di fare dei regressi all’infanzia.
L’infanzia spirituale non vuol dire regredire, fare come i bambini sbarazzini, un po’ naïf. Non ci è chiesto di diventare naïf nella nostra vita, ma di diventare bambini, cioè di porre la scelta della piccolezza, la scelta della fiducia, la scelta dell’abbandono nel Padre.
Ma non è un abbandono sbarazzino, quello che ci è chiesto. Non è disinnescato il dramma adulto del vivere, ma io, adulto, decido di vivere alcuni atteggiamenti dell’infanzia spirituale: la fiducia, la piccolezza, l’abbandono nel Padre, la scelta di non essere sufficiente, ma di vivere abbandonato a Dio.
Queste sono scelte che fanno parte di un immaginario dell’infanzia spirituale, ma di una grandissima adultità. Non torno come bambino, non devo regredire.
Ogni tanto ci viene in mente: “Ma che bello avere la fede dei semplici, la fede di chi non si pone problemi.” Sì, va benissimo, se c’è, va bene.
Ma non possiamo far finta di non essere adulti, di non avere questioni. Ma io posso decidere di essere bambino, di diventare bambino, non di tornare.
Cioè di scegliere alcuni atteggiamenti dell’infanzia, che sono poi quelli che ho elencato, e che ci fanno grandi, no? Che mi fanno grande nella fede.
Io scelgo di abbandonarmi in Dio, non lo faccio come ultima spiaggia. Io scelgo la via della semplicità, non lo faccio con uno spirito sbarazzino e naïf perché voglio evitare i problemi, ma scelgo la via della semplicità.
Io scelgo la via della fiducia incondizionata in Dio, non perché, quando il mondo non mi vuole più, mi rivolgo al buon Gesù, ma perché lo scelgo.
C’è un’adultità nel voler essere come bambini.
E poi c’è questo tema finale, no? Si nobilita l’infanzia dicendo che i loro angeli vedono sempre la faccia del Padre che è in cielo. Cosa ci sta dicendo il Signore? Impara a vedere il significato teologico della piccolezza. Non è semplicemente una solidarietà umana, una sorta di desiderio così di fare del bene all’umanità, per cui voglio prendere il passo degli ultimi.
Ma perché io riconosco che lì è presente Cristo, e che gli angeli, gli annunciatori di Dio, sono sempre rivolti verso il Padre. Coloro che annunciano Dio a questi piccoli.
Io vedo un significato teologico nel piccolo: vedo qualcuno che è amato da Dio, non semplicemente un ideale così di bontà d’animo.
Prendo il passo degli ultimi perché voglio fare il bravo? No, ma perché leggo qui dentro che Dio è lì, che Dio si identifica con i piccoli.
So leggere il significato teologico e spirituale della piccolezza.
Grazie di aver seguito questo momento di meditazione. A tutti di cuore, un buon mercoledì. A presto!
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