“Io sono a vite, voi siete i tralci… senza di me non potete fare nulla”. Non è un po’ esagerato? Nel video, grazie alla testimonianza di alcuni sposi o fidanzati, proviamo a scoprire dove sta la buona notizia di questa frase. Nel video si parla molto di matrimonio, fidanzamento, scelta. Quasi un commento matrimoniale al testo della vita e dei tralci.
Il contesto: Siamo nei discorsi che Giovanni colloca nell’ultima Sono testi dunque cronologicamente collocati alle soglie della passione, ma risentono del “clima della Pasqua”. Consideriamo che il Vangelo di Giovanni è stato scritto alcuni decenni dopo la risurrezione di Gesù: l’evangelista racconta di una comunità che da anni contempla il Risorto, e tutto il testo è sotto una “luce pasquale”.
I discorsi della cena sono abbastanza nettamente divisi in tre parti. Una prima parte è quella che segue la lavanda dei piedi e comprende i capitolo 13 e 14, in cui il ritmo del discorso è dettato da alcune domande dei discepoli. I capitoli 15 e 16 (che iniziano con il testo che leggiamo oggi) rappresentano una seconda parte dove è Gesù solo a parlare e dove i temi della comunità e della persecuzione sono abbondati. Infine il capitolo 17 conclude questo dialogo con la grande preghiera di Gesù al Padre.
Il testo inizia con l’immagine della vite. Non è certo un’immagine casuale: nel Primo Testamento si parla di Israele come la vigna del Signore. Il profeta Osea, al capitolo 10, propone l’immagine della vigna: «Rigogliosa vite era Israele, che dava frutto abbondante; ma più abbondante era il suo frutto, più moltiplicava gli altari; più ricca era la terra, più belle faceva le sue stele». Il profeta Isaia sviluppa con maggiore ricchezza l’immagine, con un cantico che occupa buona parte del capitolo 5: «Canterò per il mio diletto il mio cantico d’amore per la sua vigna». La dinamica però è simile in entrambi i casi: il Signore edifica la sua vigna, lo fa con cura e molto lavoro, ma la vigna non porta i frutti sperati. Analogamente il profeta Geremia, al capitolo 2, parla di Israele in questi termini: «Io ti avevo piantato come vigna pregiata, tutta di vitigni genuini; come mai ti sei mutata in tralci degeneri di vigna bastarda?». Nella parabola dei vangeli sinottici dei vignaioli omicidi si riprende la stessa dinamica: c’è una vigna perfetta, e tuttavia per la violenza dei vignaioli non vengono i frutti attesi e sperati. La vigna è una pianta che chiede molta cura, non stupisce che sia la cultura scelta come immagine: Dio mette tutta la cura possibile, ma non arrivano i frutti.
Tuttavia nel testo di Gv 15 si parla della singola vite. Ci si innesta nella tradizione biblica della vigna, ma con una singolare novità: non si parla di una piantagione di viti, ma di una singola pianta. Gesù è la vite, è l’unica pianta in grado di dare frutti. La sua vita e la sua storia singolari sono la corrispondenza perfetta alle cure di Nella sua vita Gesù realizza i frutti che la vigna di Israele non ha saputo portare. Il Padre realizza in Gesù le proprie promesse, e offre agli uomini la possibilità di unirsi a Gesù come i tralci della vite. Gesù è l’uomo come lo ha sognato Dio, è colui che corrisponde in pienezza al disegno di Dio.
L’immagine dei tralci diventa rappresentativa del popolo: a noi è possibile portare frutto nella misura in cui ci innestiamo alla vite. Gesù è la vera vite, ma gli uomini possono veramente portare frutto nel legame a Gesù è la possibilità di una umanità nuova fedele a Dio, e stringendoci a lui possiamo essere parte di questa nuova possibilità offerta da Dio.
Il Padre viene paragonato al contadino e compie due azioni: toglie i tralci che non portano frutto e “pota” gli altri tralci. Conviene soffermarsi su queste due azioni:
- Il verbo tradotto con “potare” in greco in realtà è da tradurre più letteralmente con “purificare”. Nel contesto va bene anche “potare”, ma qualche volta si dà una lettura un po’ “doloristica” dell’espressione: il Padre porterebbe gli uomini a portare frutto attraverso il taglio e la sofferenza. In realtà in testo evangelico non parla di tagli e potature, ma semplicemente pensa a Dio che fa di tutto per favorire il nostro legame a Gesù e purificarlo. Ciò che il Padre vuole è che “portiamo frutto”. Il modo ordinario con cui il Padre ci purifica lo indica il testo stesso: mediante la parola di Gesù, accolta e meditata, noi possiamo purificare la nostra scelta di appartenenza al Cristo.
- Il tralcio può essere tolto se non porta frutto. Cosa significa? Gesù è la possibilità di una umanità nuova, e questo è una questione seria. Gesù non è una possibilità tra tante che ci sono date per una vita salva e fruttuoso: senza Gesù la nostra vita non è salva e non porta frutto. Il Padre può purificare, favorire, incentivare il nostro legame con Gesù, ma se noi non vogliamo aderirvi, non può violare la nostra libertà. Le immagini dell’essere gettati, del fuoco, della secchezza sottolineando semplicemente come l’esclusione esplicita di Cristo nella nostra vita non può che avere risvolti problematici e devastanti nella nostra vita.
Gesù propone l’immagine del “dimorare”: l’espressione “rimanete in me e io in voi” allude al verbo “dimorare”. Non dobbiamo dimenticare che il Vangelo inizia con la domanda dei discepoli: “Dove dimori?”. Il dimorare è un verbo importante per la vita: non è semplicemente il Abitare significa risiede stabilmente presso un luogo. La nostra casa è il punto da cui osserviamo il mondo, dove poggiamo i piedi su questa terra, da dove partiamo per andare ovunque. Stare presso Gesù significa decidere che lui è il cuore della mia esistenza, il referente immediato che ho quando voglio venire a capo delle mie questioni, ciò su cui mi radico per mettermi a cercare la verità delle cose.
Cosa mi dice il testo?
Lo pota perché porti più frutto. Come oggi sono cosciente nella mia vita dell’azione di Dio che purifica la mia fede e la mia appartenenza a Gesù? So leggere i fatti e gli eventi della mia storia come possibilità di purificare la mia adesione a Cristo?
Rimanete in me e io in voi. Ma alla fine, cosa cambia Cristo nella mia vita? Lui è davvero il punto da cui osservo il mondo, il luogo dove dimoro, lo spazio da cui osservo le cose, il riferimento per venire a capo della mia vita?
Che portiate molto frutto. Quali frutti di fede, speranza e carità vedo oggi prodursi nella mia vita?
Colloquio
Mi rivolgo al Signore parlando a tu per tu. Gli chiedo di purificare la mia vita di fede. Chiedo perdono per i frutti mancati della mia esistenza. Invoco la sua presenza in me e nella mia vita. E chiedo la grazia di dimorare in lui. Gli presento i frutti della mia vita, e anche le mie sterilità.
Anima di Cristo, santificami. Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami.
Acqua del costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, confortami.
O buon Gesù, ascoltami.
Dentro le tue piaghe, nascondimi.
Non permettere che io mi separi da Te. Dal nemico maligno, difendimi.
Nell’ora della mia morte, chiamami. Fa’ che io venga a Te per lodarTi con tutti i santi nei secoli dei secoli.
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