La fede come un granello di insensata e folle speranza
Le storie si intrecciano, morte e vita si impastano e quando c’è di mezzo Dio possiamo esser sicuri che abbonderà solo la vita. Sembra quasi di stare là, leggendo questo brano di Vangelo, tra donne e bambine, con padri di famiglia e una moltitudine di gente che pigia.
E Gesù lo vediamo in cammino, con calma, senza fretta, nonostante la morte che bussa alla porta di Giairo: l’ansia non lo prende, solo una folla che spinge, una ressa di curiosi che intralciano il cammino. Lui se ne va tranquillo, a dare ancora una volta uno scacco alla paura, a sconfiggere la nostra impotenza davanti al dolore.
Le storie si intrecciano e si intrecciano anche le mani oggi: «Vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva»; e poi la mano dell’emorroissa, che tocca il mantello alle spalle; e la mano di Gesù, che afferra quella della bimba per strapparla al sonno della morte. La nostra fede ha bisogno di mani più che di pensieri e filosofie, si alimenta di gesti concreti, passa attraverso speranze irrazionali «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti…, Non temere, tu continua ad aver fede…»: anche a costo di essere insultati, anche se il rischio è quello di attirare sberleffi e sorrisetti sarcastici la fede si intreccia alla paura e con lei tesse fili di incredibile fattura.
Mi commuove l’ostinata emorroissa, convinta che basterà un tocco, come una carezza al lembo del mantello, per guarirla: da dove prende questa convinzione?
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