Gesù Risorto «sconfigge» l’incredulità dei discepoli
Così fa Dio, appare e scompare, si rende visibile e invisibile, tace e ci accarezza con la sua voce impercettibile. La Risurrezione di Gesù ci fa fare dei salti impensati, ci spinge a conciliare gli opposti: morte e vita, carne e spirito, paura e certezza, tristezza e gioia.
Quanti sbalzi di umore, quanti scossoni per quei poveri discepoli che forse avrebbero preferito restarsene rassegnati a piangere: era stato così facile credere alla morte del loro maestro, ora è invece così difficile credere alla vita. Molto più facile sbalordirsi di fronte a un fantasma piuttosto che al ritorno in vita di Gesù: eppure tra loro c’erano anche quei due che lo avevano appena incontrato là ad Emmaus.
A noi, che oggi leggiamo, sembra impossibile che pure loro fossero “sconvolti e pieni paura” nel vedere Gesù lì in mezzo, arrivato all’improvviso, arrivato come al solito senza far rumore. Così fa Dio, torna e non si mette in trono, parla e non rimprovera, ma placa i cuori agitati. E ancora una volta mostra i propri documenti di identità, le sue ferite: “Guardate, toccate, sono io in carne e ossa…”
Non un fantasma, non un bel ricordo su cui piangere, ma vivo, tanto vivo da voler mangiare, insieme a loro. Forse aveva desiderato che i suoi, nel vederlo, gli fossero saltati al collo e lo avessero abbracciato stretto stretto; forse si aspettava un’accoglienza più festosa, non un misto di tristezza e di paura e quell’incapacità di abbandonarsi alla gioia; forse avrebbe voluto vedere volti rigati da lacrime di felicità e non visi spaventati e dubbiosi.
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