Ci sono cose nella vita che ci ricordano quanto siamo fragili, quanto siamo deboli. Ce lo ricordano perché ci fanno fare memoria della malattia e della possibilità della morte.
E’ la grande lezione del CORONAVIRUS che come un predicatore rude e senza retorica, ci costringe a fare i conti sulla “possibilità” che tocchi a noi. La preghiera non serve come amuleto. La preghiera rende possibile la possibilità stessa della paura, senza però che quest’ultima detti le regole del gioco.
Preghiamo per affrontare. Preghiamo perché la misteriosa mano della Provvidenza ci aiuti a salvare ciò che conta. Non si tratta di salvare solo la vita, ma di salvare anche ciò che rende la vita degna di questo nome. Preghiamo perché la vita abbia sempre il sopravvento sulla morte, anche quando la morte si presenta a noi come angoscia, scoraggiamento, impotenza. Non dobbiamo pregare per convincere Dio a salvarci.
Di questo penso che ne sia già abbastanza convinto da solo. Dobbiamo pregare per non dimenticare noi che Dio è dalla nostra parte. Dobbiamo pregare perché possiamo convincerci che in qualunque modo finirà la nostra storia, essa finirà nelle braccia di Qualcuno che consideriamo Padre.
In questo senso questa è l’ora in cui dobbiamo intensificare la preghiera. E poter pregare anche per chi non crede, per chi non ha più le parole giuste, per chi è schiacciato o si sente particolarmente solo.
Pregare salva la vita, perché ci ricorda che ciò che conta non è soggetto a nessun virus.