<<“Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?” Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta là tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso”>>.
Basterebbe questo pezzo del Vangelo per andarsene con una chiara mappa di come dovrebbe essere la nostra vita. Essa dovrebbe essere un impegno profondo a imparare ad amare noi stessi, il prossimo e Dio con una intensità e passione da spalancare in ciascuno di noi una percezione della vita così profonda da non poter che diventare l’anticamera della vita eterna.
Ogni nostro sforzo, ogni nostra verifica, ogni nostro programma dovrebbe modularsi sempre sul grande tema dell’amore: a che punto è l’amore nella mia vita? Ma il Vangelo di oggi prosegue nel tentativo di spiegare chi è da considerare “prossimo”. Ed è proprio qui che Gesù si mette a raccontare la famosa parabola del buon samaritano. Un uomo sta male, è accasciato sul margine di una strada.
Accanto lui passano prima un sacerdote e poi un levita. Entrambi lo vedono ma non si fermano. Poi passa anche un Samaritano: “lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”.
All’indifferenza dei primi due viene contrapposta la differenza di quest’ultimo: la sua prossimità, la sua cura, il suo prendersi la responsabilità, il pagare in prima persona, il preoccuparsi del suo destino. “Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti? “.
La risposta sembra scontata ma in realtà Gesù vuole dire che certe cose non si possono spiegare, ma solo mostrare con la vita. Ed è così anche per noi: la differenza che ci viene chiesta nell’amore non è fatta di discussioni e ragionamenti, ma di fatti differenti.
Commento a cura di don Luigi Maria Epicoco.
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Chi è il mio prossimo?
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 10, 25-37
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
Parola del Signore.