La liturgia odierna ci fa celebrare la memoria mariana della Beata Vergine Maria del Rosario. La preghiera del Rosario è, forse, in occidente la preghiera più diffusa, più famosa, più popolare.
Provvidenzialmente la pagina del vangelo che accompagna questa festa parla proprio di preghiera: “Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli»”.
La richiesta dei discepoli è una richiesta sempre attuale. Tutti abbiamo sempre bisogno di imparare a pregare, o di avere almeno un criterio di discernimento che ci dica se la nostra preghiera è davvero preghiera o è solo rumore di parole. Gesù si presta a questa spiegazione e risponde così: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdonaci i nostri peccati,
perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non ci indurre in tentazione».
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L’errore è pensare che Gesù con queste parole ha insegnato una formula, quando invece in ogni parola del Padre nostro è insegnata la preghiera così come dovrebbe sempre essere. La missione di Gesù sarà davvero compiuta solo quando ogni uomo dirà a Dio “Abba”, cioè “Papà”. La preghiera è imparare ad essere, a sentirci e a ragionare da figli.
Solo quando la preghiera ottiene queste tre cose allora è davvero preghiera. La maternità di Maria in fondo serve a portarci a riconoscere Gesù come Figlio di Dio, e attraverso di Lui sentirci figli anche noi. Il Rosario è preghiera solo quando fa crescere in noi la consapevolezza di essere figli, di essere di Qualcuno, di sentirci stretti in una relazione preferenziale e non semplicemente creaturale.
In questo senso il Rosario non è mai una perdita di tempo, perché se vissuto così è arma potente contro il male che invece urla in tutti modi che non siamo degni di amore da parte di nessuno, men che meno da Dio.
Fonte: nellaparola.it
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco | PAGINA FACEBOOK