Non cercare i primi posti, e non cercare il contraccambio! Sembrano questi i due imperativi del Vangelo di oggi. Ma tutti sappiamo che i posti migliori e la gratitudine le ricerchiamo soprattutto quando non ci sentiamo voluti bene.
Abbiamo bisogno dei primi posti, e del contraccambio delle nostre azioni per sentirci rassicurati che esistiamo, che qualcuno si è accorto di noi, che siamo riusciti a convincere gli altri che siamo amabili.
La realtà è un’altra: un cristiano è tale se parte dal presupposto che è infinitamente amato. Ed è proprio perché sa di essere amato che non fa fatica a cedere il primo posto, e non entra in paranoia se qualcuno non lo contraccambia. Se io mi sento amato non cerco nient’altro per compensazione.
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Il bisogno che abbiamo invece di emergere, di essere riconosciuti, di comprare l’affetto degli altri dice quanto radicalmente siamo ancora lontani dal Vangelo.
Credere al Vangelo infatti significa credere che io sono amato fino al punto che non ho più bisogno di nessun altra prova. Credere al Vangelo significa sentirsi sempre unici nel cuore di Chi ci ama, da non avere più bisogno di essere né il primo, né il più furbo.
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“Va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”.
I vuoti affettivi, le insicurezze strutturali che ci portiamo dentro, il desiderio di sentirci unici, sono sono solo alcuni dei motivi per cui viviamo con l’ansia di occupare un buon posto nella vita per esorcizzare ognuna di queste cose.
Ma scegliere l’ultimo posto non è sintomo di disistima personale, ma è la dichiarazione più bella di come ci si può sentire talmente tanto liberi interiormente da occupare l’ultimo posto senza che questo dica nulla di significativo su di noi. Perché noi non siamo il posto che occupiamo, ma siamo la libertà interiore che proviamo in ogni circostanza, specie quando questa è la più svantaggiosa agli occhi del mondo. Cristo ci ama fino al punto da rendere superfluo ogni tentativo di cercare amore e approvazione in posti sbagliati.
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco | PAGINA FACEBOOK