Ci sono due uomini nel Vangelo di oggi. Uno corre avanti, in prima fila. Si sente forte delle sue opere: “digiuno due volte la settimana, e pago le decime”.
L’altro guardandosi non si sente forte per niente, e così decide di rimanere dietro, all’ultimo banco, ma allo stesso tempo decide di non guardare le sue mani vuote ma di confidare nelle mani piene della Misericordia di Dio “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Il primo è andato a ritirare un premio (chissà poi se l’ha ricevuto). Il secondo ha incontrato il Signore. La preghiera è la conversione dello sguardo. E’ la capacità di non guardare più a noi stessi, di non credere che sono le nostre opere ad autorizzarci a entrare in relazione con Lui.
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Quando il bene che facciamo ci fa sentire migliori degli altri allora lì è fallita la nostra preghiera. La preghiera è imparare ad ammettere il vuoto che tante volte ci portiamo addosso, e se qualcosa di buono lo abbiamo fatto, certamente conta poco rispetto a Colui che non mi chiede semplicemente “un opera buona”, ma chiede me.
Un po’ come un figlio che crede di valere qualcosa agli occhi della madre solo perché ha fatto tutti i compiti, ma l’amore è sapersi amati anche quando i compiti non li hai fatti.
L’amore è sapere che Dio è come una madre che perde tempo con te affinché alla fine i compiti li fai, ma non per essere amato, ma per concludere qualcosa nella vita.
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco | PAGINA FACEBOOK