Gesù, nel Vangelo di oggi, parte da un episodio di cronaca e cerca di tirare fuori un insegnamento che è di un’attualità immensa, soprattutto perché fa leva sulla convinzione diffusa che le cose brutte cose capitano sempre agli altri e mai a noi, e proprio per questo ci sentiamo sempre autorizzati a vivere come se a noi non riguardasse:
“Si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo»”.
Gesù ripete più volte “allo stesso modo”, ma non credo che voglia riferirsi semplicemente alla maniera cruenta con cui sono morte quelle persone, ma bensì alla maniera improvvisa, imprevedibile con cui tutto è accaduto. Una volta si pregava con una giaculatoria significativa: “Dalla morte improvvisa, liberaci Signore”.
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Perché la morte improvvisa è la morte che ci sorprende in un momento della vita in cui pensavamo di avere ancora tempo per fare ciò che contava e ciò che andava fatto. Invece arriva improvvisamente la morte e non hai più tempo. Ecco perché Gesù racconta la parabola del fico, perché vuole dire che ogni giorno della nostra vita non è un diritto, ma un modo di Dio di pazientare con noi.
È Gesù Colui che dice di avere pazienza con la nostra mancanza di frutto. Ma ci sarà un tempo in cui dovremmo rendere conto se abbiamo solo sfruttato il terreno o abbiamo prodotto anche qualcosa.
“Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai”.
Fonte: nellaparola.it
NUOVO COMMENTO DALLA PAGINA FACEBOOK
Due fatti di cronaca sono il pretesto che Gesù usa per far svegliare la gente e noi dal torpore che ci convince che le cose tragiche succedono sempre agli altri. È proprio questo tipo di convinzione che ci fa rimandare la nostra conversione a un futuro indeterminato. Invece la cronaca nera che tante volte riempie i telegiornali durante l’ora di pranzo o di cena dovrebbe spingere ciascuno di noi a convertirci, non tanto per non fare la stessa fine, ma per non divenire noi stessi causa di male per gli altri, o impreparati davanti a ciò che non si può prevedere. Poi Gesù prende di petto un altro aspetto essenziale: fino a quando possiamo rimandare le conseguenze delle nostre azioni? Per spiegarcelo racconta una parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che…[…] Continua a leggere qui.
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco | PAGINA FACEBOOK