“Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona”.
Dietro questa affermazione iniziale del vangelo di oggi è nascosta una verità incontrovertibile: non si può vivere divisi. Amare una cosa e il suo contrario ci condanna a un conflitto interiore.
È una forma di nevrosi che può rovinarci la vita. Ecco perché è importante alla fine, capire per che cosa stiamo davvero vivendo. “Non si può servire Dio e il denaro”. Ma in questa affermazione non c’è la condanna delle cose, ma la condanna al possesso come la radice vera di ogni male dell’uomo.
Si può vivere con possesso anche una relazione, un amore, un lavoro, una vocazione, un talento, una cosa bella. Ma il possesso distrugge tutto, perverte tutto, trasforma ogni cosa in egoismo e alla fine non solo ci fa male ma soprattutto fa male agli altri. Allora la vera domanda è: come ci si può liberare della grande tentazione e rischio del possesso? Solo facendo in noi una profonda esperienza di fiducia nel fatto che c’è Chi ha cura di noi e non dobbiamo darci da soli ciò che invece possiamo solo ricevere. “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre.
Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?”.
Tutto questo possiamo anche capirlo con la testa, ma cambia la nostra vita solo quando raggiunge il cuore. È nel cuore che dobbiamo permettere a Dio di arrivare facendoci sentire (‘curati’) e “preziosi”.
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È solo quando si sperimenta questa cura e questa predilezione che finalmente molliamo la presa del possesso.