<<Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori>>.
La storia di Matteo ci serve per non perdere mai di vista il metro di misura che Gesù usa. Egli ci sceglie perché ama di noi non ciò che amano tutti, e forse ciò che nemmeno noi amiamo di noi stessi. Egli ama di noi il nostro scarto, la nostra debolezza, la nostra fatica. Non è un modo per giustificarla ma per riempirla di significato. Lì dove noi sperimentiamo di non essere degni di amore, lì lui invece ci ama.
La parte bella di noi è facile da amare. Ci dà gloria, dà soddisfazione anche alla gente che abbiamo intorno, ma la parte buia di noi, quella malata, fa scappare tutti. Ma mentre tutti scappano, lui invece resta e va a cercare proprio questa parte. È a partire dalla nostra miseria che il Signore costruisce con noi una relazione di intimità. Perché va a scovare la parte più intima, quella più nascosta, quella che ci fa più male, e la libera dalla vergogna e dalla colpa, donandole la possibilità di guarire.
Infatti solo l’amore fa guarire, mentre il giudizio rende solo più profonda la nostra miseria. Credo che questo giustifichi la velocità con cui Matteo risponde alla chiamata di Gesù: <<Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì>>. È Gesù che vede Matteo, e non Matteo che vede Gesù per primo.
È sempre lui che fa il primo passo, e questo ci mette nella condizione di dire che se noi desideriamo un cambiamento, lui lo ha desiderato prima di noi e certamente sta già facendo qualcosa. Serve però che mettiamo in moto anche la nostra libertà, prendendo delle decisioni, accogliendo, facendo spazio soprattutto all’esperienza del perdono, e di un Dio che vuole entrare nelle nostre fragilità, sedere a tavola con loro, evangelizzarle, parlare loro, Ma questo non dipende più da lui, ma da noi.
Commento a cura di don Luigi Maria Epicoco.
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Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Misericordia io voglio e non sacrifici.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9, 9-13
In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Parola del Signore.