La storia di Marta e Maria popola il nostro immaginario cristiano, tirando fuori la possibile contrapposizione che si crea tra azione e contemplazione. Penso però che la faccenda sia può profonda. Innanzitutto perché probabilmente Luca raccontando la storia di queste due sorelle vuole mettere in evidenza due atteggiamenti di Israele.
Il primo è quello di Marta che è “presa dal suo fare”, così come ogni buon Israelita è intento a seguire i suoi 613 precetti che lo preparerebbero all’incontro con il Signore. Maria, invece, si accorge che in casa è entrato già il Messia, e lascia perdere le cose da fare per fare spazio completamente a Lui. Ella rappresenta Israele capace di lasciarsi mettere in crisi dall’iniziativa di Dio che entra nella vita in maniera inaspettata e chiede di essere accolto ed ascoltato.
Non è Gesù a contrapporre queste sorelle, ma è Marta che si contrappone a Maria pensando che il dovere delle cose da fare deve avere precedenza anche sulla Sua stessa Presenza: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».
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Gesù non vuole cancellare il fare di Maria, ma vuole che esso si purifichi nella contemplazione, che ritrovi cioè il proprio punto focale. Quello che capita spesso anche nella nostra vita, è avere moltissime cose da fare ma non riuscire più a fare la differenza tra ciò che è urgente e ciò che è essenziale. Viviamo inseguendo le urgenze, e ci perdiamo ciò per cui vale la pena vivere. I contemplativi non sono quelli che non fanno niente, ma sono quelli che tentano di difendere con tutte le loro forze il primato di ciò che è essenziale contro tutte le pressanti richieste delle urgenze della vita che vorrebbero tirarci sempre a destra e a manca.
In questo senso un po’ più di contemplazione cambierebbe il mondo.