Un passo indietro
La festa dell’Ascensione ci racconta l’educazione che dio ha nei confronti dei suoi discepoli e quindi anche di ciascuno di noi, un’educazione che passa attraverso una partenza.
Cioè, se fino a quell’istante i discepoli hanno potuto contare sulla presenza concreta, reale, dell’uomo Gesù accanto a loro, la partenza di questo uomo crocifisso e risorto ma pur sempre presente accanto a loro e prepara all’arrivo dello Spirito Santo cioè alla stessa presenza di Dio però non di fianco ma dentro i discepoli, non avranno più un punto di appoggio accanto a loro, nelle circostanze intorno a loro, nei loro cenacoli chiusi, in quello che stanno vivendo, non troveranno un aiuto di fianco in maniera orizzontale ma troveranno un aiuto interiore cioè una forza e una compagnia che viene dal di dentro della loro umanità e non accanto alla loro umanità.
Ecco perché la festa dell’Ascensione non è una festa banale perché la partenza di Gesù prepara l’arrivo di qualcun altro cioè all’arrivo di una presenza diversa così come quando si ama qualcuno a un certo punto si è disposti a fare un passo indietro, perché questo qualcuno emerga con tutta la propria storia la propria diversità, che comincia a diventare protagonista della propria vita e se noi amiamo senza aiutare gli altri a diventare protagonisti della loro vita forse non li stiamo amando tanto davvero. Gesù invece ci ama così, ci aiuta a fino a un certo punto e poi ci domanda di fare noi un passo in avanti cioè di diventare protagonisti.
E che cos’è che ci aiuta a diventare protagonisti? Lo Spirito Santo, che è la sua presenza che non lede e non condiziona la nostra libertà.
Una forza che viene dentro ciascuno di noi e ci riveste di una potenza che sì viene dall’alto ma che passa attraverso la nostra umanità.
Per questo l’Ascensione che forse è la festa di un assenza in realtà è il passo indietro di qualcuno che ci ama, un passo indietro necessario perché la Pentecoste possa davvero accadere dentro la nostra vita.