C’è un dettaglio geografico che anticipa il famoso racconto dell’adultera, che non può rimanere in secondo piano: <<Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava>>.
Il monte degli ulivi era il luogo prediletto da Gesù per la preghiera. Era lì che molto spesso si ritirava a pregare, ed è proprio lì che poche ore prima della sua morte lo andranno ad arrestare, È interessante come la conseguenza della sua preghiera sia l’essere messo alla prova da parte degli scribi e dei farisei, quasi a voler dire che la vera preghiera non è una forma di yoga che ci fa sperimentare una qualche pace, ma è il luogo dove si preparano le più grandi prove.
<<Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo>>.
In cosa consiste la prova? Scegliere la cosa giusta davanti a una evidente cosa ingiusta. In fondo preghiamo soprattutto per imparare a fare la cosa giusta. Ma la giustizia che deriva dalla preghiera di Gesù è radicalmente diversa dalla giustizia dei farisei. Essi vogliono quella donna morta. Gesù vuole quella donna convertita.
<<E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi>>.
La prima cosa giusta che fa la preghiera è insegnarci ad avere consapevolezza di chi siamo e non chiarezza su quello che dovrebbero fare gli altri. La seconda cosa è ricordarci per cosa vale la pena ricominciare a vivere: <<E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”>>
. È scegliere di vivere lontani dal peccato il più grande frutto della preghiera.
Commento di don Luigi Maria Epicoco al Vangelo di Gv 8, 1-11.
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