Della resurrezione di Lazzaro la cosa che colpisce di più è il suo silenzio. Non prega, non chiede, non supplica, non ringrazia.
Eppure Gesù lo tira fuori da quel sepolcro, demolendo in un attimo tutta la logica matematica che a volte ci guida nella fede. La resurrezione di Lazzaro è un atto di pura gratuità di Gesù. Dio non ama solo chi se lo merita, chi lo prega, chi è grato.
Dio ama tutti, anche quelli che non fanno niente di tutto ciò, perché chi è nella condizione di Lazzaro sembra impossibilitato, incapace a fare qualunque cosa. Un morto non prende iniziativa.
Sembra che il Vangelo di oggi ci dica che, se anche non avessimo nemmeno più parole per pregare, e ci sentissimo imprigionati come in un sepolcro, in una condizione di mortificazione, e legati con bende strette da circostanze che abbiamo subito o scelto, Lui potrebbe ancora fare qualcosa per noi. “Lazzaro, vieni fuori!”.
Credere è obbedire a quel comando e disobbedire alla morte che ci imprigiona, qualunque essa sia.
Commento di don Luigi Maria Epicoco al Vangelo di Gv 11, 1-45.
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