Nel cuore della Quaresima la liturgia ci mette una solennità liturgica che sembra stridere con i temi della passione, morte e risurrezione di Cristo. Eppure la festa odierna è la radice più vera della Pasqua. Infatti Gesù non ha salvato il mondo solo a partire dagli ultimi giorni della sua vita terrena.
Egli ha cominciato a salvare il mondo fin dal primo istante in cui è entrato nella storia. E questo ingresso lo ha fatto prima attraverso la libertà di questa donna e poi attraverso il suo grembo. Infatti non dobbiamo mai dimenticarci che Dio è onnipotente, cioè può tutto. Eppure vincola la sua onnipotenza alla libertà dell’uomo.
La storia della salvezza è una storia che si intreccia inevitabilmente anche con le scelte che ognuno fa. Direbbe sant’Agostino: Dio che ci ha fatto senza di noi, non ci salva senza di Oggi è la festa della prima vera grande alleanza concreta tra la grazia di Dio e l’umanità. È Maria la protagonista di questo inizio. È la sua libertà la cosa che rende possibile tutto il resto.
In questo senso la pagina del Vangelo di Luca che racconta l’annunciazione è come la cartina di tornasole davanti a cui dobbiamo chiederci a che punto è la nostra vita. Infatti la nostra esistenza non è la somma degli eventi o delle cose che ci sono successe. La nostra vita è la somma delle nostre scelte, dei nostri sì, nei nostri eccomi.
Solo guardando a quanto abbiamo messo in gioco la nostra libertà riusciamo anche a capire a che punto ci troviamo. Ecco perché il male non è semplicemente fare scelte sbagliate, ma è innanzitutto non fare mai delle scelte. E molto spesso la scusa per non fare mai delle scelte è nel fatto che non sempre capiamo tutto, che non sempre abbiamo sotto controllo le situazioni, che non sempre ci sentiamo pronti.
Anche Maria si è trovata in una situazione simile ma ha compreso che a un certo punto della vita ciò che più conta è il rischio della libertà e non rassicurazioni, Onorare la festa di oggi significa rischiare d decidere oggi qualcosa.
Commento di don Luigi Maria Epicoco al Vangelo di Lc 1, 26-38.
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