Quando è buio, di chi è la colpa? Quando nella vita non si vede più dove si sta andando, di chi è la colpa? Quando le circostanze ti inchiodano sul ciglio della strada, di chi è la colpa? Quando c’è un terremoto, di chi è la colpa?
Quando si muore per un virus, di chi è la colpa? E’ questa la grande domanda che mette in risalto in Vangelo di oggi: “Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio”. Bisogna rinunciare a leggere la realtà con il metro di giudizio della colpa e dei colpevoli.
La cosa più interessante non è mai di chi è la colpa, ma cosa è nascosto veramente in quel buio. Gesù dice che è così perchè si manifestino le opere di Dio. Sta dicendo cioè che lì dove ci sembra che tutto sia finito c’è invece nascosta un’altra storia. Poi passa all’azione: “Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”.
Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”. Il gesto è chiaramente un gesto di profonda intimità (saliva, terra, tocco), e rimanda a una dimensione che in questi giorni forse ci sfugge. Siamo infatti tutti alla ricerca di “religione”, cioè di gesti che esorcizzino l’angoscia e le prove che stiamo vivendo, ma forse dovremmo cercare la “fede”, cioè costruire un’intimità profonda con Gesù proprio al cuore di questa angoscia e di queste prove, senza volerne sfuggire. Solo quando si smette di “evitare” le cose allora si dischiude davanti a noi anche la vista del loro vero significato.
Chiediamo la grazia di questa intimità con Gesù per poter tornare a vedere veramente.
Commento di don Luigi Maria Epicoco al Vangelo di Gv 9, 1-41.
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