La figura di Giuseppe è una figura capitale per comprendere la storia della salvezza. Lo è fondamentalmente per due ragioni. Il primo consiste nel fatto che la sua presenza ci ricorda il realismo con cui Dio agisce per salvarci.
Infatti si fa bisognoso dell’aiuto pratico, concreto, operoso, efficace di quest’uomo come il vero miracolo che rende possibile la venuta di Suo Figlio nel mondo. Il secondo motivo è la profonda libertà con cui Giuseppe mette da parte i suoi progetti e fa spazio alla volontà di un Dio che non comprende fino in fondo ma che avverte come Colui a cui consegnare la propria storia.
È la stessa esperienza che facciamo noi quando ci ritroviamo con delle vite che sembrano mettere in crisi tutte le nostre aspettative. Abbiamo la sensazione che la volontà di Dio non solo non coincida con la nostra, ma che molto spesso sia esattamente il contrario della nostra.
Ma quando si è disposti ad assecondare ciò che il Signore ci mette davanti, solo allora ci si accorge che in quello che di misterioso e apparentemente non scelto, si nasconde il compimento più vero e più profondo di ciò che avevamo desiderato. Giuseppe rappresenta in massimo grado l’esempio più alto di chi ha vissuto una vita con questa prospettiva e con infinita fiducia nella misteriosa volontà di Dio.
Ecco perché la dinamica del sogno e delle scelte in lui trovano sempre un binomio vincente. “Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”. Rimanere intrappolati nei sogni significa rimanere in ostaggio solo delle proprie aspettative. Fare delle scelte senza nessuna idealità, nessun sogno alla base significa vivere solo calcolando la vita.
Giuseppe unisce questi due aspetti e tira fuori ciò che un cristiano dovrebbe essere: uno che è capace di sognare e allo stesso tempo si prende la responsabilità di ciò che c’è. Con un uomo così Dio ha consegnato a mani sicuro Suo Figlio e la Madre. In fondo non poteva scegliere persona migliore di Giuseppe per dare a lui quello che di più prezioso il cielo aveva.
Commento di don Luigi Maria Epicoco al Vangelo di Mt 1, 16.18-21.24.
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