don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 9 Giugno 2022

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“Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”.

Quando si legge questo passo del vangelo ci si accorge di come in realtà pochi di noi potrebbero andare a “presentarsi all’altare” con un cuore libero e leggero. Molti di noi, pur desiderando con tutto il cuore una situazione di pace con tutti, si portano addosso le ferite ricevute o inferte da certi rapporti con chi ci sta intorno che appesantiscono il cuore e affaticano anche la capacità di amare e di pregare. Diciamoci la verità: quando si sta bene con la gente che abbiamo accanto, si ha un rapporto migliore anche con Dio.

Per questo una sana vita spirituale non ha solo bisogno di crescere nel rapporto verticale con Dio ma anche del rapporto orizzontale con i fratelli. Se tu vuoi migliorare i rapporti con gli altri allora migliora anche il tuo rapporto con Dio, e viceversa se vuoi migliorare il tuo rapporto con Dio dedicati anche a migliorare il tuo rapporto con gli altri. Le due dimensioni vanno sempre insieme. E se unisci queste due dimensioni ti verrà fuori una croce.

In questo senso Cristo ha rimesso insieme il cielo e la terra, l’amore per Dio e l’amore per il prossimo; l’altare e il volto del fratello. Credere è sempre questa doppia capacità di amare. Ma guai a pensare che l’amore a cui siamo chiamati deve essere semplicemente un amore giusto: “se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. Siamo chiamati ad amare con un amore che è più grande della giustizia.

È l’amore che è più grande del dovere. È l’amore gratuito non richiesto da nessuna regola e da nessun altro. È l’amore che ama e basta, senza misura. È l’amore che va al fondo delle questioni e non solo amore che salva la faccia, o la forma. Siamo chiamati a una giustizia più grande. È la giustizia di chi fa non perché gli viene chiesto, ma perché sceglie da se.

Commento del 2018.

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Sarebbe abbastanza semplice per un cristiano essere un buon cristiano solo se si limitasse a non fare danni, ad essere una brava persona in termini ragionevoli, onesta, affidabile, sincera, gentile. Ma Gesù chiede a un cristiano di “eccedere” in umanità e di non accontentarsi della sufficienza: “Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna”.

Può sembrare un’esagerazione quella di Gesù ma se ci pensiamo bene essa non è una esagerazione ma la “giusta differenza” dalla logica del mondo. Ecco perché con molta umiltà dovremmo guardarci e domandarci in che “modo differente” cerchiamo di vivere la nostra vita. Se non troviamo differenze allora c’è qualcosa che non va. Gesù dà una cartina di tornasole, una sorta di verifica del nostro stato interiore, è la capacità di essere disposti a donare il perdono: “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono”.

Non è detto che l’altro accolga il nostro tentativo, ma sarebbe assurdo che un cristiano non ne facesse una priorità di desiderio nella sua vita.