Il sabato santo sembra schiacciato tra il venerdì santo e la domenica di Pasqua. Eppure questo giorno è il giorno dell’attesa, del grande silenzio, dell’apnea che si vive prima del grande salto. Quella che sembra una storia finita in realtà non è veramente finita. Ma nessuno ancora sa questo dettaglio.
Maria di Magdala e l’altra Maria vanno all’alba al sepolcro senza sapere lontanamente cosa le aspetta. Sono oppresse non solo dal dolore di una mancanza e di una perdita, ma anche dallo spaesamento che ha procurato loro vedere infranta la speranza che Gesù aveva portato in ognuno di loro.
La loro preghiera probabilmente è diventata breve, come una litania: “come faremo?”. Quante volte anche noi preghiamo allo stesso modo, con la medesima disperazione: “come faremo?”. Eppure quando arrivano davanti a quel sepolcro trovano un imprevisto che capovolge la loro preghiera: “un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa”.
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Se per tanto tempo abbiamo avuto la certezza di non avere le forze necessarie per rotolare via la pietra dei problemi che ci occludono il passaggio, d’un tratto ci accorgiamo che il Signore misteriosamente ha spostato quella pietra e ci si è seduto sopra.
È Pasqua quando ciò che ci fa più soffrire diventa il pulpito dove viene annunciato un cambiamento inaspettato: “«Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto»”.
Da questo momento in poi ciò che è dono (perché la fede nella Resurrezione di Cristo è dono) diventa impegno, scelta, responsabilità. Se si crede a questo annuncio allora bisogna vivere di conseguenza. Se non si crede a questo annuncio si continua a vivere in ostaggio di quel sepolcro.
È la nostra vita la cosa che ci dice di più se crediamo o no che Gesù è risorto.
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“Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro”.
Prima della fede c’è il cuore. Esso funziona anche in assenza della fede, cioè quando è buio. È lui che possiede un sesto senso che ci conduce verso ciò che stiamo cercando. Ma il cuore da solo è incapace di capire. Ha bisogno della luce. Ha bisogno della fede.
“Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro (…)Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette”.
Il cuore arriva per primo (Giovanni) ma solo quando entra in gioco la fede (Pietro) allora c’è abbastanza luce per “vedere e credere”, cioè per capire ciò che da soli non riusciamo a comprendere: siamo amati e non siamo frutto del caso, e la morte non è il nostro ultimo destino!
Commento della veglia 2020.
Commento al brano del Vangelo di: Mt 28, 1-10
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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