don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 8 Ottobre 2023

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C’era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l’affidò a dei vignaioli e se ne andò.

La nostra vita è una vigna che non abbiamo voluto noi, non abbiamo piantato noi, non l’abbiamo resa possibile noi, ma che alla fine di tutto ci è stata affidata con un atto di fiducia che si manifesta attraverso l’assenza del padrone. Un padrone può allontanarsi infatti solo se si fida. Eppure noi questa assenza la fraintendiamo sempre. O la intendiamo come abbandono (ci ha lasciati soli) oppure come delirio di onnipotenza (la vita è mia). Ecco perché la reazione dei servi è violenta:

Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l’altro lo uccisero, l’altro lo lapidarono. Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo.

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L’abbandono e il delirio di onnipotenza fanno sempre emergere violenza, rabbia, rancore dal nostro cuore. È importante quindi che venga qualcuno a guarirci da questo fraintendimento. È questo il vero motivo per cui Dio manda Suo Figlio nel mondo, perché ristabilisca la giusta guarigione a ciò che noi percepiamo in maniera sbagliata. Ma accade qualcosa di peggiore:

Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l’erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l’eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l’uccisero.

Dietro le parole di Gesù si nasconde profeticamente la fine che gli faranno fare. Cosa ci può essere come conseguenza se non questo:

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Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo.

Ma Gesù ci ha mostrato che da quella morte ingiusta che ha subito non è scaturita una condanna ma un perdono salvifico per tutti, specie per coloro che più degli altri gli hanno fatto del male. Gesù è un imprevisto che quei servi non avevano calcolato.

Fonte

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Lo strano padrone della vigna, protagonista della parabola di Gesù di questa XXVII domenica del tempo ordinario, ci mette davanti un’immagine suggestiva ed efficace della nostra vita. Ci piace sempre concepirci come i padroni, ma la verità è che la vita non ce la siamo data da soli, l’abbiamo ricevuta e non siamo nemmeno padroni di trattenerla per sempre, alla fine la restituiremo in ogni caso. Ora il problema è questo: perché non valorizzare la fiducia che questo padrone dà a questi vignaiuoli concedendogli l’usufrutto della vigna e offrendo loro persino la sua assenza come segno di totale stima nei loro confronti? Infatti se tu non ti fidi di qualcuno non gli dai nemmeno la responsabilità di una cosa a cui tieni. E se lo fai cerchi di essere quanto mai presente affinché non facciano danni. Invece questo padrone è strano, fatica per piantare una vigna, la prepara, la recinta, e poi si fida dei vignaiuoli. Viene però il tempo della vendemmia, cioè il tempo in cui finisce questo usufrutto, e invece di corrispondere con gioia e gratitudine alla fiducia del padrone, questi vignaioli si mettono sulla difensiva fino al punto di arrivare ad uccidere persino il figlio del padrone, pensando così di diventarne proprietari. […] Continua a leggere qui.


Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 21,33-43

AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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