Il carrierismo, in qualunque ambito e in qualunque contesto, ha sempre la stessa radice: voler affermare se stessi a scapito degli altri. È il succo del Vangelo di oggi, dove incontriamo il vano tentativo della madre dei figli di Zebedeo di raccomandare i propri figli:
«Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli soggiunse: «Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio».
Pensare di valere per il posto che si occupa è una convinzione tutta mondana che non funziona però con la logica del Vangelo. Lì dove il cristianesimo è autenticamente vissuto non ci dovrebbero essere simili ragionamenti.
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Eppure assistiamo continuamente a questo tipo di richieste, anche nei nostri ambienti, in cui diventare finanche responsabile dei portafiori dell’ultimo altare della chiesa ci fa sentire abbastanza potenti da poter esercitare il nostro potere sugli altri, e rivelando così quella strutturale infantilità che ci fa ricercare costantemente conferme dagli altri. Gesù ha un antidoto a questo tipo di mentalità:
“I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo”.
Questa è la carriera secondo Gesù.
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Commento al brano del Vangelo di: Mt 20,17-28
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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