“Quando fai un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi; perché essi potrebbero a loro volta invitare te, e così ti sarebbe reso il contraccambio”.
Invece non c’è niente di più bello nella vita della gratuità. Essa non si nutre delle logiche matematiche di azione reazione, ma vive della logica della libertà che non cerca nulla se non il gusto di fare quella tale cosa.
Ma non nascondiamoci dietro un dito: è così strutturata dentro di noi una sorta di logica commerciale che ci risulta davvero difficile agire senza pensare a un tornaconto.
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Eppure noi siamo chiamati a questo. Il segreto forse non sta tanto nei nostri sforzi, o nella serie di ragionamenti motivazionali che riusciamo a fare, ma semplicemente nel lasciare che questa cosa la sperimentiamo per primi.
Infatti solo chi sperimenta su di sé la gratuità poi è anche capace di fare uguale. Credo che questo sia il motivo per cui Cristo ci ha amati di un amore gratuito. Non ci ha amati di un amore interessato, semmai interessante.
Il Suo Amore infatti è pieno di interesse, di passione, di donazione, ma è completamente vuoto di interessi. Qualcuno potrebbe persino pensare che Gesù è morto per noi affinché noi mossi dal senso di colpa di questa morte decidessimo di cambiare vita, ma che fede sarebbe una fede nata da un senso di colpa?
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Gesù non è morto per farci venire sensi di colpa e manovrarci attraverso di essi, bensì esattamente il contrario. Infatti ha dato la vita per liberarci dalla colpa, e dal senso di oppressione che troppo spesso ingabbia la nostra vita, e solo resi liberi dal peccato e dalla colpa potessimo così essere messi nella condizione di essere così liberi da poter davvero scegliere qualcosa.
Amarlo, infatti, è una scelta non un obbligo. Nessuno può essere obbligato ad amare qualcun altro, tanto meno che Dio. Se il nostro amore per Lui non nascesse dall’Amore noi non saremmo dei credenti ma degli schiavi.
Invece Egli è morto affinché noi ne avessimo la possibilità non l’obbligo.
Fonte – Commento del 2018
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Autore: don Luigi Maria Epicoco