“Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro»”. C’è una doppia scena nel vangelo di oggi: da una parte chi ascolta Gesù (i peccatori) e dall’altra parte chi mormora (farisei e scribi). Basterebbe questa divisione per spingerci a farci un profondo esame di coscienza.
Chi siamo noi in questa scena? Quelli che ascoltano o quelli che parlano male? Quante volte nella vita invece di ascoltare che cosa il Signore ci sta dicendo negli eventi che viviamo passiamo invece il tempo a parlare male, a mormorare, a tenere gli occhi fissi in maniera invidiosa sulla vita degli altri. Chi vive così non riesce a comprendere la novità che Gesù è venuto a portare.
Egli infatti mostra che Dio è un padre di tenerezza pieno di misericordia e non invece il Dio che Adamo percepisce nascondendosi da Lui per paura. Paradossalmente ci sentiamo più a nostro agio a credere a un dio che ci spaventa che a credere a un Dio che ci ama. Ma Gesù cerca di correggere questa distorsione interiore che abbiamo nei confronti dell’immagine di Dio, e lo fa raccontando due storie. La prima riguarda la pecorella smarrita e la seconda la dracma perduta.
In entrambi casi il fulcro della scena è la gioia che il pastore e la donna provano quando ritrovano ciò che avevano perduto, quasi a voler suggerire che se Dio ci viene a cercare lì dove ci siamo cacciati, non è per punirci o farcela pagare, ma perché questo lo riempie di gioia. Per questo Gesù dice che una volta ritrovata la pecora il pastore non le rompe le zampe come era prassi fare allora per educarla a non allontanarsi più, ma se la carica sulle spalle.
Ugualmente nella storia della dracma perduta, Gesù paragona Dio a una donna che smarrendo una moneta di pochissimo valore, la cerca con foga, facendo emergere che se per il mondo non valiamo nulla, davanti a Dio siamo amati più di nostra madre, perché egli ci dà un valore che il mondo non ci riconosce. Per questo ci cerca con ostinazione.
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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