Il fascino che San Francesco continua ad esercitare su molti potrebbe trarci in inganno. Ad esempio potremmo convincerci che la sua grandezza risieda nell’eroismo della radicalità, della povertà, della testimonianza senza fronzoli della vita del Vangelo e in quella serie infinita di fioretti sulla sua vita che i suoi contemporanei ci hanno lasciato.
Potremmo quasi convincerci che la sua santità risieda in quella stranezza che tanto metteva a disagio i grandi, i benpensanti e persino la sua famiglia. Ma il segreto di San Francesco non è nella sua forza, o nella sua stranezza ma nell’amore con cui è stato conquistato da Cristo. Infatti mai dobbiamo dimenticare che l’iniziativa non è mai nostra ma sempre di Gesù:
“nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”.
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E allora che merito ha San Francesco se in fondo gli è solo capitata la grazia di essere amato fino al punto da conoscere l’amore del Padre? Il suo merito è nell’essersi lasciato amare. È questa la cosa più difficile della vita. È fin troppo facile vivere la povertà, i sacrifici, gli sforzi umani, ma la cosa più difficile della vita è lasciarsi amare senza porre nessuno ostacolo a questo amore. È questa la definizione di umiltà.
L’umile (il piccolo) è colui che si lascia amare e si sente forte solo ed esclusivamente di questo amore. La grandezza di Francesco d’Assisi è tutta qui. Imitarlo non significa per forza fare le cose che lui ha fatto, ma fare come lui ha fatto.
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Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 11,25-30
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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