AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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“Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?»”.
In un venerdì di quaresima sembra suonare un po’ strano un Vangelo che sembra un invito alla trasgressione del digiuno. Eppure Gesù non sta dialogando con persone qualunque, ma bensì con i discepoli di Giovanni Battista. Non basta però essere discepoli del Battista per essere santi come lui. Anzi, il rischio di tutti i discepoli, in tutte le epoche, è quello di radicalizzare talmente tanto l’insegnamento del loro maestro fino al punto da tradirlo. Gesù tenta di raddrizzare la loro mentalità:
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«Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno».
Che è un po’ come dire: qual è il vero motivo per cui state digiunando? Si può digiunare per vari motivi. Alcuni fanno fioretti in quaresima solo perché hanno in mente la prova costume dell’estate, ma non credo che simili digiuni servano anche a salvarci. Forse miglioreranno i nostri selfie, ma non la nostra anima. Si può digiunare come sforzo di volontà, e non sarebbe male certamente fortificare un po’ la nostra volontà un po’ troppo molle, ma ancora non è il digiuno vero a cui si riferisce Gesù.
Egli sembra avere in mente un digiuno che a che fare con una relazione, non con un digiuno fine a se stesso. Ecco perché Gesù parla dello sposo. È Lui lo sposo, è Lui cioè il motivo per cui le cose vanno o non vanno fatte. È Lui il criterio di discernimento per capire l’opportunità di una cosa rispetto ad un’altra. Non basta fare un digiuno semplicemente perché va fatto, dobbiamo sempre ricordarci “per” chi vale la pena farlo. E scoprire questo “per” è la grande rivoluzione, ma non basta.
Bisogna poi capire che il significato del digiuno non consiste solo nel fare lo sforzo di non mangiare, pensando che questo dia gloria a Dio, ma nello scoprire che nessuna fame deve mai decidere per noi.