“Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù”.
La vera evangelizzazione funziona sempre in questo modo. Essa non è un discorso convincente ma la trasmissione di un fuoco, di una passione, di una certezza che puoi leggere nello sguardo di ha gli occhi fissi su Gesù.
Dobbiamo stare però attenti a non confondere la certezza della fede con la certezza di questo mondo. Essere certi nella fede significa avere un punto focale da cui guardare tutte le cose. Le certezze di questo mondo invece sono la semplice spiegazione delle cose.
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Gesù non ci salva dalle domande e dai dubbi che la vita suscita nel nostro cuore, ma ci dà sempre un punto di vista che non perde l’essenziale. Se tu guardi Gesù puoi anche permetterti di avere domande e crisi perché non ti perderai.
Se perdi di vista Gesù sei già perduto anche se vivi nell’illusione di aver spiegato tutto l’universo. Ma oltre lo sguardo è il calore delle parole di Giovanni che muovono i discepoli a lasciarlo per seguire Gesù.
“Sentendolo parlare così”,
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annota il Vangelo. Ciò sta a significare che c’è un modo che suscita desiderio di sequela e c’è un modo che scoraggia la sequela. Mi domando spesso se la gente che ci sente parlare è invogliata a seguire Gesù o sperimenta in sé solo impedimenti?
Quando il nostro modo di parlare del Vangelo suscita sensi di colpa nelle persone, o le fa sentire giudicate questo provoca sequela o impedisce l’incontro? Non esiste una ricetta ma una chiave di lettura per capire la qualità delle nostre parole.
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Autore: don Luigi Maria Epicoco
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