L’ultimo giorno dell’anno è un buon giorno per poter far memoria del principio. Forse per questo la liturgia ci fa leggere l’incipit del Vangelo di Giovanni affinché esso diventi la chiave di lettura di tutto ciò che è accaduto dopo. Sarebbe però un problema dover commentare tutte le parole in esso contenute. Vorrei però che fissassimo la nostra attenzione su un dettaglio in esso scritto:
“la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo”.
Ogni vita per essere vissuta ha bisogno di argini. L’esperienza di non vivere a caso ma secondo un metodo, una strategia, è l’unica via che ci conduce da qualche parte. La Legge, di cui parla il Vangelo, ci è necessaria come ad un giovane albero è necessario un supporto per poter crescere verso l’alto. Ma non basta la Legge.
Ogni vita per essere davvero degna di questo nome non ha solo bisogno di regole, ma di senso. Gesù è colui che è venuto a portarci il senso. Ed esso è sempre esperienza di grazia e di verità. La grazia è la verità che si fa esperienza, è sentirsi amati, sentirsi di qualcuno, sentirsi unici. La verità è l’esperienza della grazia che si fa direzione, orientamento, significato, via. Dovremmo domandarci quanta grazia e quanta verità ci sono stati nella nostra vita in questo anno appena trascorso.
Quanta grazia e verità abbiamo sprecato perché abbiamo vissuto senza metodo. E quanta grazia e verità c’hanno salvato la vita. È questo il nostro esame di coscienza che in ogni caso deve concludersi sempre con un “grazie”. Infatti il dono più grande è sentire gratitudine per le cose belle ma anche per quello che abbiamo imparato dalle cose brutte. La gratitudine è lo splendore del Verbo che ha vinto le tenebre del mondo, e del nostro cuore.
Il demonio teme la gratitudine, vorrebbe sempre che vivessimo di sensi di colpa e rimpianti. Non assecondiamolo.