L’evangelista Luca ci racconta di vecchi che profetizzano, lodano, ringraziano. Oggi è il turno di una donna,
“Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”.
La struggente bellezza di simili personaggi non deve farci dimenticare che si può però anche invecchiare male. Non sempre la vecchiaia porta con sé parole sagge, ma delle volte può portare parole rassegnate, rancori strutturati, incapacità di godere del bene dei più giovani.
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Le parole dei vecchi possono incoraggiare o distruggere. Possono indicare la strada o sbarrarla. Possono benedire (dire il bene) o maledire (dire il male). Nessuno può fare a meno degli anziani, ma chi ha varcato la soglia della terza età deve poter sentire la responsabilità di edificare, incoraggiare, benedire, sorreggere, indicare e mai il contrario.
E questo in tutti gli ambienti e non solo nella famiglia. Gesù inizia la sua vita con due anziani “buoni” sulla sua strada. L’esempio di questi nonni possa fare da specchio a ciascuno di noi, ecco allora che anche i giovani, come Gesù, potranno così crescere e fortificarsi, pieni di sapienza, con la Grazia di Dio sulla loro testa.
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Autore: don Luigi Maria Epicoco
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