Quanto possa creare scandalo e confusione qualcuno che ti dice che devi mangiare la sua carne e bere il suo sangue per salvarti. Sembra quasi un invito a un orribile cannibalismo. Ecco perché i Giudei si domandano ad alta voce:
“Come può costui darci la sua carne da mangiare?”.
Ma Gesù non indietreggia nella Sua affermazione:
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“Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.
È San Tommaso che ci spiega la differenza. Anche lui l’aveva appresa da Aristotele ma al di là di chi ce ne fornisce la spiegazione ciò che conta è comprendere che la realtà è fatta di due cose: sostanza e accidente. La sostanza è ciò che è una cosa nella sua realtà più profonda. L’accidente è la parte esterna. Banalizzando è un po’ come dire che quando qualcuno vuole dire a qualcun altro che lo ama, lo abbraccia. In sostanza è amore, esternamente un abbraccio.
L’Eucarestia è la stessa cosa: in sostanza è realmente Gesù, esternamente è pane e vino, cosicché quel pane e quel vino sono la parte esterna di una realtà molto più profonda. In questo senso noi mangiamo e beviamo realmente il corpo e il sangue di Cristo. Non simbolicamente, ma realmente. Perché i sacramenti sono in sostanza delle cose pur poggiandosi esternamente su alcuni segni. La cosa però che conta è che molto spesso dobbiamo fare l’esperienza scandalosa del segno esterno.
Capitò così anche nelle aspettative del popolo eletto. La richiesta di un Messia liberatore dovette fare i conti con la realtà di un bambino fragile, nato povero e quasi di nascosto. Eppure quel bambino è il Figlio dell’Onnipotente. Se è Onnipotente perché assume la forma della debolezza e della fragilità? Perché la potenza di Dio non è mai prepotenza, è la “forza gentile” direbbe Newman di chi sa che la forza che può tutto è l’Amore.
Ecco perché l’Onnipotenza si manifesta nel Figlio inchiodato sulla Croce, e anche questo è scandalo.
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«Come può costui darci la sua carne da mangiare?». I Giudei hanno perfettamente ragione a discutere su una simile affermazione da parte di Gesù. Ma nessuno può capire ciò che Gesù sta dicendo applicando semplicemente la logica. Serve un dono per comprenderlo. Serve il dono della fede. La fede infatti è il dono di capire per esperienza ciò che Gesù sta affermando a parole. La fede è fare esperienza del paradosso che Gesù consegna dicendo: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui”. […] Finisci di leggere qui.
Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 6,52-59
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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