«Che facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione»”.
Il terrorismo della paura funziona sempre. Se vuoi ottenere qualcosa non devi dare una ragione valida, bensì una paura valida affinché si smetta persino di ragionare pur di risolvere la paura. È con questo tipo di strategia che si fa spazio nei contemporanei di Gesù l’idea sempre più forte di ucciderlo. Ma lungi da noi pensare che noi siamo migliori.
Basta guardare le nostre vite per accorgerci di quanto potere diamo alla paura e a ciò che essa ci suggerisce. Ad esempio la paura di soffrire ci dice che non dobbiamo permettere a nessuno di entrare troppo nel nostro cuore, e così commettiamo interiormente un delitto contro ogni tentativo di amore, ma ci diciamo che è “per una causa buona”. Con ragionamenti così hanno portato Gesù in croce.
“Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera». Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo”.
Il Signore ha sempre la capacità di riempire di un significato profondo le cose, anche le più sbagliate, ma ciò non toglie nessuna responsabilità alle nostre azioni. Altrimenti questo ci metterebbe nella situazione di dire che il male è necessario al bene. Il male rimane male. Se Dio ha la capacità di saper trarre un bene da un male questo è perché solo Lui può fare una cosa simile.
Ma pensare che bisogna che si faccia un male per raggiungere un bene significa giustificare il male stesso. Mentre il male non ha nessuna giustificazione, e alla fine della storia, anche se finirà bene, chi ha compiuto il male dovrà rendere conto di ciò che ha fatto.
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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