don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 27 Febbraio 2022

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AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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“In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta nella regione montuosa, in una città di Giuda, ed entrò in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta”.

C’è una strana fretta in Maria. Sembra quasi la fretta di mettere alla prova ciò che le è accaduto, perché la verifica di ciò che pensiamo essere vero sono i fatti. Se alla prova dei fatti ciò che pensiamo essere vero rimane, allora quella cosa è davvero vera. Maria sembra far questo mettendosi in cammino verso la casa di Elisabetta.

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Allo stesso tempo non credo che questa fretta sia egoistica, ma assolutamente al contrario sia una fretta di donazione, di esigenza profonda di mettersi a servizio. Infatti ogni autentica vocazione, ogni autentico amore, non ha come obiettivo innanzitutto riempire un mio vuoto, ma tentare di poter far qualcosa per qualcuno, per la felicità di qualcuno.

Se ogni cammino di maturazione umana non arriva fino al dono di sé, allora rimaniamo in trappola di forme di egoismo e di narcisismo dove gli altri ci servono solo per farci stare bene noi. Gli altri sono solo strumenti perchè sia  felice io. Persino nelle azioni più lodevoli, come il servizio ai poveri e sofferenti, può nascondersi un simile cancro spirituale.

Amare queste persone per stare meglio noi, ma non amarle per ciò che sono in sé stesse. E solitamente è dai frutti che ci si accorge subito se ci troviamo da un lato o dall’altro.

“Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel grembo; ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo, e ad alta voce esclamò: “Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno! Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me? Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto mi è giunta agli orecchi, per la gioia il bambino mi è balzato nel grembo”.

È la gioia la prova che quello che stiamo facendo è davvero sano. Quando la nostra vita riempie di gioia gli altri e sblocca la gioia in noi, così come capiterà a Maria nel Magnificat, allora questa è la prova che siamo giunti a una qualità di amore degno di questo nome.