“Gesù disse loro: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura”.
Il Vangelo non è per qualcuno, ma è per ogni creatura. È bello pensare che la fede riguarda ogni singolo uomo che nasce in ogni tempo e latitudine. Non c’è storia o vita che escluda dalla “buona notizia” che Gesù è venuto a portarci. Ma c’è una grande differenza tra annunciare e obbligare. L’annuncio si muove sempre nella categoria della libertà. Senza libertà la fede come l’amore sarebbe violenza. Si è sempre tanto liberi da poter dire anche di no al Vangelo.
Ma l’accoglienza e la non accoglienza ha delle conseguenze. Non sono premi o punizioni di Dio, ma semplicemente la naturale conseguenza delle nostre scelte. Se una persona decide di non mangiare, muore. Ma quella morte non è la punizione di Dio, ma la conseguenza di una scelta. L’inferno è l’altra faccia della medaglia della nostra libertà. Se l’inferno non esistesse non potremmo nemmeno dirci liberi. Ma noi siamo così liberi da poter anche decidere di metterci contro Dio in maniera totale e definitiva.
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Chi dice, ereticamente, che l’inferno non esiste, non sta difendendo la bontà di Dio, che apparentemente sembra minacciata dalla possibilità di un destino così, ma sta cancellando la libertà dell’uomo. Sappiamo però che quando uno crede, le conseguenze sono così evidenti che il Vangelo di oggi ce ne dà un elenco:
“E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno”.
Se asciughiamo le parole del Vangelo ci rimangono quattro verbi essenziali: liberare, comunicare, affrontare, guarire. L’esperienza di fede infatti deve essere sempre un’esperienza di liberazione, di dialogo, di coraggio, di guarigione da ciò che ferma la vita. Un Vangelo senza tali conseguenze non è Vangelo ma solo ideologia.
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Che Vangelo è quello che abbiamo incontrato noi?