Perché cerchiamo Gesù? Delle volte la ricerca di Lui è solo uno dei tanti modi di esprimere il nostro individualismo malato che cerca solo il proprio benessere. Lo cerchiamo per stare bene ma non perché abbiamo capito davvero cosa ci sta indicando.
«In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».
Cristo certamente vuole portare un “bene” dentro la nostra vita, ma il bene che Egli porta indica anche una direzione da seguire. Credere prendendoci qualcosa di Cristo e poi non imboccare nessuna direzione uscendo dalla Chiesa non serve a molto. Il vero problema non è sentirci bene quando andiamo a pregare, ma che decisione prendiamo quando lo abbiamo fatto davvero e con tutto il cuore. Fanno bene quindi i discepoli a domandare:
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“«Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato»”.
Ogni vera soluzione nella vita spirituale non consiste nel verbo “fare”, ma nel verbo “credere”. E credere implica un orientamento di tutta la persona e non solo delle sue azioni. A volte noi “facciamo” ma senza “credere”, e questo diventa il vero problema. Oggi il Vangelo ci invita a far fare pace tra ciò che ci passa nel cuore e le nostre decisioni concrete. Tra quello che crediamo e quello che scegliamo. Tra fede ed etica.
Molto spesso è la spaccatura tra questi due aspetti la vera radice della cattiva testimonianza cristiana. Una preghiera che non è unita a un’autentica scelta di bene, è una preghiera sterile. La cosa che il mondo ci rimprovera è la stessa che Gesù riferisce ai “credenti” dell’epoca: “dicono e non fanno”. Noi dovremmo saper passare dal “dire al fare”, o meglio dal credere alla testimonianza concreta. Solo la nostra vita può dire davvero la fede che professiamo.
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È suggestivo il modo attraverso cui Gesù nel Vangelo di oggi smaschera un modo sbagliato di essere suo discepoli. Infatti se da una parte le folle lo stanno cercando dappertutto ma non riescono più a trovarlo, quando finalmente lo ritrovano si sentono rivolgere queste parole da parte di Gesù: “In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. Seguire Gesù per il sensazionalismo dei miracoli, per le grazie che può farci, per l’utile che possiamo averne, non è essere veramente suoi discepoli. Anche a noi può capitare di vivere una fede che è più che interessata ai miracoli, ai benefici, al tornaconto che possiamo averne. Ma così come in una storia d’amore la convenienza mette al bando l’amore, così nell’esperienza di fede: credere non è una magia che risolve i nostri problemi, ma una via di salvezza che implica davvero la nostra conversione. […] Finisci di leggere qui.
Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 6,22-29
AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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